Alla scoperta dei modelli animali: il topo

Il Mus musculus è il classico topino utilizzato in ricerca e rappresenta l’organismo modello animale più famoso al mondo. Ma perché proprio il topo? E soprattutto perché i nazi-animalisti hanno torto nel dire che questo organismo è troppo diverso da noi per adoperarlo ai fini di studi biomedici?

Punto numero uno: come l’uomo, questo animale è un mammifero, dunque presenta un sistema nervoso, un sistema endocrino, un sistema immunitario etc., esattamente gli stessi organi vitali che ha ogni essere umano.

Punto numero due: questi animali possono essere manipolati geneticamente in modo da riprodurre le caratteristiche di patologie umane come il cancro. Di questo animale infatti si conosce tutto del suo DNA: ha 25.000 geni, di cui ben il 98% hanno una controparte nell’uomo. 

Nonostante tutti i vantaggi sono molto costosi da mantenere in laboratorio poiché necessitano di un ambiente controllato in cui vivere (diffidate quando vi dicono che negli stabulari i topini vengono maltrattati!) e per ricevere il permesso di fare sperimentazione animale, lo scienziato deve sottostare a rigidissime regolamentazioni etiche.

Topo da Nobel

Il premio Nobel per Medicina e Fisiologia del 2007 viene conferito a Mario R. Capecchi, Sir Martin J. Evans e Oliver Smithies “per le loro scoperte sui principi di introduzione di modificazioni genetiche specifiche nei topi mediante l’uso di cellule staminali embrionali”. https://www.nobelprize.org/prizes/medicine/2007/summary/

Vi consiglio inoltre di fare un giro sul sito del Premio Nobel e cercare la parola “mouse”. Quante volte compare questa voce?

Riproduzione  

L’utilizzo del topo in laboratorio è anche correlato ai suoi tempi di riproduzione (19-21 giorni di gestazione) e all’ampia prole che esso produce (5-10 cucciolate all’anno di 5-10 piccoli ognuna). Questo animale raggiunge l’età fertile entro 7 settimane ed ogni individuo ha un’aspettativa di vita di 2-3 anni. 

Topi transgenici  

Classica manipolazione dei topi è la transgenesi, cioè l’inserimento di un gene esogeno in modo stabile nel genoma dell’animale. Questi topi possono essere adottati per:

  • studiare la mutazione di un gene e aiutare a comprendere il meccanismo molecolare che controlla la sua espressione 
  • verificare che effetti fenotipici abbia la mutazione di un gene
  • sviluppare un modello animale per testare strategie terapeutiche

Il primo topo transgenico fu creato inserendo nel suo DNA un gene di ratto producente l’ormone della crescita (GH). Nutrendo l’animale con alimenti contenenti zinco, si faceva in modo di attivare il gene per farlo esprimere di più determinando una maggiore crescita di dimensione del topo.

Per generare un topo transgenico si puo ricorrere a:

  • micro-iniezione del pro-nucleo, cioè si inserisce un gene di interesse in una cellula uovo di topo appena dopo la fecondazione. Il DNA esterno che noi forniamo tende però ad integrarsi in posizioni random nel genoma. 
  • preparare in vitro embrioni di topo e infettarli con virus che portano il transgene. 
  • modificare le cellule staminali in vitro. Si possono utilizzare i liposomi, cioè vescicole create artificialmente contenenti il pezzo di DNA esogeno che vengono “assorbite” dalle cellule. Un’altra tecnica è quella dell’elettroporazione: si mixano le cellule con il DNA e, applicando un campo elettrico, si creano pori transienti sulle membrane cellulari, attraverso i quali il DNA potrà penetrare nella cellula.  Queste cellule modificate in vitro vengono inserite nell’embrione di un altro topo dal quale si formerà il cucciolo chiamato chimera

I topi «knock-in» e «knock-out»

Per studiare la funzione di una proteina si può spegnere il gene che la produce (knock-out) o sostituirlo con una copia modificata (knock-in). Per fare ciò, si isolano delle cellule staminali da embrioni di topo e vi si inserisce il DNA contenente il gene d’interesse modificato (tramite una delle tecniche precedentemente esposte) in modo da produrre una proteina difettosa.

Tranne che per questa piccola modifica, la sequenza del gene inserito corrisponde a quella del gene già presente nel topo. Di conseguenza, i due geni, quello esogeno che noi forniamo e quello già presente nel DNA del topo, sono portati ad avvicinarsi e a scambiarsi materiale genetico tramite un processo chiamato “ricombinazione omologa”. Si formano così cellule staminali nelle quali un gene è stato rimpiazzato da una copia modificata. Infine, si introducono le cellule staminali modificate in un embrione di topo che successivamente viene impiantato in una topina femmina adulta.

Topi e tumori

Nella ricerca oncologica il topo può essere adottato come modello xenograft. Questo prevede di inserire in un animale delle cellule tumorali di un altro organismo, come l’uomo, precedentemente tenute in coltura. Come vengono iniettate le cellule tumorali in topo? Le tecniche sono:

  • Iniezione sottocutanea
  • Iniezione nella vena della coda 
  • Iniezione diretta nell’organo in cui si vuole provocare il tumore (modello ortotopico)

Ma cosa succede nel corpo del topo quando vengono iniettate cellule non di topo? Si attiva il sistema immunitario che, riconoscendo le cellule estranee, finisce per distruggerle. Per evitare l’attivazione del sistema immunitario, si usano degli animali immunodeficienti i quali accoglieranno le cellule tumorali estranee le quali cresceranno, si moltiplicheranno e formeranno il tumore. Ci sono diversi topi immunodeficienti in ricerca a seconda di quale componente del sistema immunitario vogliamo spegnere.

Il topo nudo è completamente privo di pelliccia ed è molto utilizzato per gli studi mediante modelli xenograft. Questo ha una mutazione spontanea nel gene FOXN1 che causa l’assenza del timo [1]. Come conseguenza, l’animale è privo di linfociti T [2], ma il suo sistema immunitario è ancora fornito di linfociti B [3], Natural Killer [4] e di sistema innato [5]. Il topo SCID presenta una mutazione nel gene Prkdc e il topo RAG 1/2 (-) nel gene dell’enzima RAG; in entrambi vi è un difetto nei sistemi di riparazione del DNA e della formazione di linfociti B e T, ragion per cui si tratta di topi privi di immunità acquisita. Il topo NOD è privo dei macrofagi. Il topo NOD/SCID è privo sia di macrofagi che di cellule dell’immunità acquisita (linfociti B e T). 

Essi sono utili per:

  • Studi sulla biologia del cancro 
  • Identificazione delle cellule staminali tumorali 
  • Investigazione sui meccanismi di metastasi di uno specifico paziente in cui il tumore si sta sviluppando. Estraendo le cellule dal paziente le si dissocia e le si inserisce con un approccio ortotopico nel topo. Il topo in tal modo diventa un avatar del paziente. 
  • Valutazione di potenziali farmaci utili affinché questi possano entrare nell’uso clinico. Questi possono essere somministrati al topo dopo la formazione del tumore indotto. Se la massa tumorale si riduce, vuol dire che il farmaco ha avuto un effetto positivo in termini di potenziale terapia oncologica. 

Un modello xenograft può essere impiegato in particolare per i tumori cutanei. In questo tipo di studio si somministra sottocute una quota di cellule tumorali. Dopo un certo numero di settimane si osserva se il tumore cresce o meno. Questo approccio è molto valido nel caso di un tumore della pelle perché è misurabile per palpazione ed perciò è possibile osservare e misurare la dimensione del nodulo tumorale. Tuttavia questo non è facilmente applicabile a altri tipi di tumore come quello alla prostata, del seno, del polmone etc. 

Nel caso di un tumore non misurabile per palpazione era un tempo necessario uccidere l’animale e misurarne le dimensioni e quindi la crescita tumorale dopo averlo asportato. Attualmente ci sono una serie di tools per seguire la crescita della massa tumorale e le stesse cellule tumorali iniettate in vivo (live imaging) senza uccidere l’animale. Ciò è fattibile mediante modifica genetica delle cellule tumorali in modo che esprimano un reporter fluorescente.

Topi e neuroscienze

Inserendo nel topo un gene mutato possiamo ottenere anche modelli per lo studio di malattie neurodegenerative. Ma oltre a esperimenti molecolari, quali studi possono essere condotti per valutare cambiamenti comportamentali di un topo affetto da una malattia neurodegenerativa (es. Parkinson)?

  • Pole test: il topo viene messo in cima a un palo e viene calcolato il tempo di discesa da esso. Se il suo sistema nervoso e’ compromesso, impiegherà più tempo nella discesa di un topo controllo sano.

    Fonte: https://www.researchgate.net/figure/Scheme-of-the-pole-test-The-mouse-is-set-on-the-top-of-a-pole-with-its-head-arranged_fig6_299295188

     

  • Rotarod test: il roditore viene posto su una lunga asta cilindrica che ruota, la cui velocità può essere mantenuta costante o accelerata. Tuttavia, se la velocità è costante, gli animali con scarsa coordinazione a causa di difetti neurologici cadranno già a inizio test. Per i rimanenti in equilibrio, verrà aumentata la velocità di rotazione per misurare la resistenza e il coordinamento.

    Fonte: https://conductscience.com/maze/maze-basics-rotarod-test-for-mice/

     

  • Beam walking test: l’animale viene posto a una estremità di un asse molto stretta. I topi sani, ai quali non piace stare su questa stretta area, cercheranno di completare il percorso nel minor tempo possibile. I topi con patologie neurodegenerative avranno invece difficoltà nel superare l’ostacolo perdendo l’equilibrio.

    Fonte: https://www.viennabiocenter.org/facilities/preclinical-phenotyping/behavioral-tests-and-equipment/

Glossario:

[1] Timo: è un organo del sistema linfatico con ruolo fondamentale all’interno del sistema immunitario deputato a portare a maturazione i linfociti T prodotti nel midollo osseo.

[2] Linfociti B: cellule capaci di riconoscere un ben preciso antigene (virus, batteri e sostanze dannose al corpo ma anche cellule tumorali) grazie alla presenza di anticorpi sulla propria membrana esterna

[3] Linfociti T: cellule in grado di riconoscere e distruggere le cellule infettate, prevenendo la riproduzione di patogeni e di cellule tumorali.

[4] Natural Killer: riconoscono e uccidono cellule infettate o danneggiate secernendo citochine infiammatorie che inducono anche le cellule non ancora infettate ad attuare meccanismi in grado di inibire la replicazione dei virus.

[5] Sistema immunitario innato: parte del sistema immunitario composta da una serie di cellule che si attivano immediatamente a contatto con agenti estranei. Rappresenta infatti la prima linea di difesa in attesa della risposta immunitaria specifica (anticorpi).

Per approfondire:

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