Alla scoperta dei modelli animali
Vi siete mai chiesti perché vengono utilizzati organismi animali modello nell’ambito della ricerca biomedica? O come mai alcuni animali vengono preferiti ad altri nelle scienze sperimentali? E soprattutto quante volte avete sentito un animalista sostenere l’inutilità dell’utilizzo di questi mezzi perché “tanto gli animali sono troppo diversi da noi”? Ecco quindi alcune risposte.
Come in ogni campo della ricerca scientifica, quelli della biologia e delle biotecnologie non fanno eccezioni: è necessario provare le proprie ipotesi mediante esperimenti. Quando si studiano patologie eterogenee, come ad esempio quella del cancro, è indispensabile trasformare questi complessi problemi di disfunzioni genetiche e biochimiche in domande semplici. È proprio questo l’obiettivo che gli organismi modello ci consentono di raggiungere: semplificare il problema. In questo modo sarà più facile andare alla ricerca di nuovi farmaci e approcci terapeutici. In particolar modo, gli organismi animali risultano essere più efficienti per questo scopo rispetto a quelli in vitro e in silico (che invece sono abbastanza limitanti) ma è anche necessario trovare quelli più adatti per ogni domanda che lo scienziato si pone. Ecco una breve tabella con alcuni esempi.
Organismi modello per studi genetici
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Organismi modello per studi embriologici
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Quali sono le caratteristiche di un buon modello animale? Facciamo un confronto tra il semplice vermetto che si usa come modello (il Caenorhabditis elegans) e un elefante. Sicuramente un animale modello deve essere facile da mantenere in laboratorio: uno ha la lunghezza di un millimetro e l’altro ha un peso di almeno 6 tonnellate. Il primo ha una dieta a base di batteri, il secondo fagocita all’incirca 250kg di cibo ogni giorno e produce ogni giorno 100kg di sterco. Beh, se foste degli scienziati cosa preferireste?
Seconda cosa, un buon animale modello deve avere un rapido sviluppo e un breve ciclo di vita: un singolo C. elegans è capace di produrre 500.000 larve in una sola settimana, è ermafrodita [1] e raggiunge la maturità sessuale in tre giorni; l’elefante invece ha una gestazione di 23 mesi, la femmina raggiunge la maturità sessuale a 12 anni e partorisce un cucciolo ogni cinque anni.
Terzo, un organismo modello deve avere una biologia simile a quella umana e utile per gli interessi biomedici, un DNA che consente di essere manipolato e deve permettere di osservare tali manipolazioni fenotipicamente [2]: C.elegans ha infatti 12 cromosomi mentre l’elefante ne ha ben 56… è abbastanza chiaro come fare studi genetici sugli elefanti non sia per nulla conveniente!
Perché la ricerca si focalizza su un piccolo numero di animali modello? Perché si preferiscono ratti, topi ecc… e non altri? La ricerca scientifica è costosa e richiede molto tempo: se ogni gruppo di ricerca scegliesse il suo animale preferito, allora tempi e costi lieviterebbero esponenzialmente. Se invece gli scienziati si concentrano su pochi organismi, avremo risultati più immediati e investendo meno soldi. Ogni gruppo avrà in questo modo approfondito un diverso aspetto dell’animale che poi renderà fruibile al resto della comunità scientifica condividendo conoscenze e protocolli applicabili a questi modelli.
Mediante una serie di articoli, vi porteremo alla scoperta dei differenti modelli di organismi animali, cercando di approfondire per quali tipi di studi e domande i ricercatori li utilizzano.
Glossario
[1] Ermafrodita: organismo che presenta contemporaneamente sia organi sessuali maschili che femminili.
[2] Fenotipo: ciò che appare visibile, cioè l’insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo codificate dal suo genotipo e influenzate dall’ambiente (per esempio: occhi azzurri o neri).