La vuota propaganda della LAV
Oggi la LAV scende in piazza con lo slogan “Abbandonare gli animali è un dovere della ricerca”… che detto da chi, pur avendo un bilancio milionario, negli ultimi due anni ha finanziato con poche decina di migliaia di euro solo una mezza dozzina di laboratori, fa un po’ ridere; ma si sa, le cose si fanno sempre con i soldi degli altri. Anche quando il superamento dei modelli in vivo nella ricerca non ce l’hai solo come scopo associativo, ma addirittura nel nome.
I soldi degli altri in questo caso sono i finanziamenti pubblici alla ricerca: sempre nel comunicato per l’iniziativa odierna si parla di “scendere in piazza per chiedere al Governo di destinare il 50% dei fondi stanziati per la ricerca in ambito biomedico e sanitario per la ricerca allo sviluppo dei metodi sostitutivi”. Che vuol dire tutto e niente, La sperimentazione animale rappresenta circa il 15/20% della ricerca biomedica: tutto il resto sono altre metodiche. Dobbiamo ridurre queste ultime, quindi? Oppure significa che dobbiamo spendere il 50% delle risorse soltanto nella ricerca di nuovi metodi, a discapito della ricerca sulle patologie? Se fosse così, l’obiettivo sarebbe dunque quello di sottrarre risorse destinate a salvare vite umane per destinarle al tentativo di salvare topi e ratti? Non si capisce bene cosa i volontari LAV chiedano di firmare nei loro banchetti, e in effetti la differenza tra chi propina uno slogan e chi entra nel dettaglio delle cose sta tutta qui.
Se passate davanti un banchetto LAV, oggi, provate a domandare chiarimenti.
Il vero nocciolo della questione è che la ricerca si perfeziona e si migliora non attraverso i divieti, o tagliandole i fondi da un momento all’altro, ma semplicemente lasciandola lavorare in pace. Non è un caso che l’utilizzo di animali nella ricerca in Italia sia costantemente in discesa, e non certo per merito delle continue richieste di imporre nuovi divieti alla ricerca da parte di associazioni animaliste, bensì grazie al lavoro autonomo dei ricercatori. L’utilizzo di animali in ricerca, oltre a portarsi dietro il proprio carico di problemi etici, comporta anche maggiori costi, dunque gli istituti di ricerca sono i primi che avrebbero interesse ad abolirla; tuttavia hanno anche quel senso di responsabilità che fa loro porre la salute pubblica e la sicurezza dei farmaci immessi in commercio sopra a qualsiasi altra cosa.
Un senso di responsabilità che sarebbe bello avvertire anche nei comunicati di quelle associazioni animaliste che chiedono l’abolizione della sperimentazione senza se e senza ma.