Albert Sabin e le scimmie che restituirono l’estate ai bambini
Albert Sabin è stato soprannominato “il dottore che restituì l’estate ai bambini” *.
Grazie ai suoi anni di ricerca per sviluppare il vaccino orale per la poliomielite, oggi i bambini non sanno nulla della paura che la polio portava ogni estate negli Stati Uniti, ancora a ventesimo secolo inoltrato. Piscine e cinema venivano chiusi e i bambini erano tenuti a casa dai genitori terrorizzati. In tutto il mondo, la malattia uccise milioni di persone e ne lasciò molte altre permanentemente disabili.
Abbiamo appena festeggiato il cinquantesimo anniversario dell’introduzione del vaccino del dottor Sabin. Stime suggeriscono che solo nei primi due anni di diffusione mondiale, il vaccino abbia prevenuto quasi 500.000 morti e cinque milioni di casi di polio. Oggi il mondo sta per realizzare il sogno di una vita del dottor Sabin: l’eradicazione della polio dal pianeta.
Lo sviluppo del vaccino orale per la polio richiese anni di vaste ricerche con conigli, scimmie e roditori.
Gli attivisti dei diritti degli animali tempo fa si aggrapparono ad una singola frase del dottor Albert Sabin, e continuano da allora a usarla per cercare di supportare l’oltraggiosa idea che il creatore del vaccino orale per la polio si opponesse all’uso degli animali nella ricerca.
Quella frase, “Il lavoro di prevenzione (sulla polio) fu ritardato a lungo da un’idea sbagliata sulla natura della malattia nell’uomo, basata su modelli sperimentali fuorvianti della malattia nella scimmia”, detta dal dottor Sabin durante una seduta del congresso nel 1984, è stata usata in pubblicazioni e commenti sui diritti degli animali per oltre due decenni.
Il dottor Sabin, che fu membro del consiglio di amministrazione dell’associazione pro-ricercaAmericans for Medical Progress fino alla morte avvenuta nel 1993, cercò per anni di mettere le cose in chiaro. Ecco una lettera che scrisse all’editore del Winston Salem Journal, pubblicata nel 1992.
Winston-Salem Journal
20 Marzo 1992La Giusta Conclusione
In una recente lettera al giornale (“Misrepresenting Research”, 20 febbraio) il dottor Stephen R. Kaufman, presidente della Commissione per la Modernizzazione della Ricerca Medica, ha citato correttamente il mio intervento al Congresso, ma ne ha tratto conclusioni sbagliate. Il dottor Kaufman si è sbagliato anche nel dire che “il vaccino della polio era basato su una preparazione di colture da tessuti… non dalla sperimentazione animale”. Al contrario, la mia esperienza di più di 60 anni nella ricerca biomedica mi ha ampiamente dimostrato che senza l’uso di animali e di esseri umani sarebbe stato impossibile acquisire le importanti conoscenze necessarie per prevenire tante sofferenze e morti premature non soltanto per gli essere umani ma anche per gli animali.
Nel mio articolo del 1956 nel “Journal of the American Medical Association” (Vol.162, pag. 1589), affermai che nel corso dei quattro anni precedenti furono “approssimativamente 9000 scimmie, 150 scimpanzé e 133 volontari umani furono usati fino a questo momento nello studio di varie caratteristiche di diversi ceppi di polio virus”. Questi studi furono necessari a risolvere molti problemi prima che un vaccino orale per il virus della polio potesse diventare realtà.
Albert B. Sabin, M.D. Washington
È vero che nei primi anni di ricerca sulla polio alcune linee d’indagine alla fine si rivelarono infruttuose. Un eccessivo affidamento su un ceppo del virus noto come ceppo MV, che si era adattato a sopravvivere solo nel tessuto nervoso, e il fatto che il macaco rhesus, pur essendo per molti aspetti un buon modello della polio, non può essere infettato tramite ingestione orale, condusse alla supposizione sbagliata che la polio potesse infettare solamente le cellule nervose (nonostante prove del contrario fossero fornite sia da studi clinici sia da studi di laboratorio con altri ceppi di polio e altre specie di scimmie). Questi furono errori sfortunati, ma comprensibili, se si considera che la virologia era una scienza appena nata.
In ogni caso, questi tentativi falliti non cancellano il fatto che la sperimentazione animale, e in particolare la ricerca sulle scimmie, sia stata assolutamente cruciale per lo sviluppo dei vaccini per la polio. Senza di essa il vaccino per la polio non sarebbe mai stato sviluppato entro la fine degli anni cinquanta, e avremmo persino potuto ancora essere in attesa.
Questi contributi fondamentali allo sviluppo dei vaccini della polio dati dalla sperimentazione animale non si limitano al lavoro di Albert Sabin, e includono:
1) La scoperta di Karl Landsteiner e Erwin Popper, nel 1908, che la polio era causata da un virus, una scoperta fatta inoculando in macachi un estratto di tessuto nervoso proveniente da vittime della polio per cui era stata provata l’assenza di altri agenti infettivi.
2) La successiva scoperta di Simon Flexner che il siero del sangue di macachi infetti poteva proteggere dall’infezione della polio.
3) La scoperta di Carl Kling e colleghi nel 1911, successiva alla precedente scoperta che il virus della polio poteva essere isolato dai linfonodi dell’intestino tenue delle scimmie, che il virus della polio era presente nella gola e nei tessuti intestinali delle persone morte di polio. Poco dopo gli stessi riuscirono a isolare il virus dall’intestino di pazienti affetti da poliomielite acuta e, cosa più importante, da membri della famiglia che non mostravano i sintomi di polio, stabilendo che i portatori sani giocavano un ruolo significativo nel diffondere la malattia. In questi studi, la presenza della polio era stata dimostrata tramite iniezione nelle scimmie di fluido filtrato prelevato dai pazienti, l’unico metodo allora conosciuto per confermare la presenza di polio (Ray M. Merrill, Jones e Bartlett Learning, Introduzione all’epidemiologia, quinta edizione).
4) La scoperta nei primi anni trenta da parte degli scienziati australiani Macfarlane Burnet e Jean Macnamara che gli anticorpi contro un ceppo di polio non sempre proteggevano i macachi dalle infezioni avute da un altro ceppo.
5) La scoperta di John Enders, Thomas Weller e Frederik Robbins che il virus della polio poteva proliferare in diversi tipi di tessuto, non solo nel tessuto nervoso, come si pensava precedentemente, una scoperta che richiese l’uso di topi e scimmie per provare che il virus in coltura era effettivamente polio e in grado di causare paralisi.
6) La scoperta nel 1949 di David Bodian e colleghi alla Università John Hopkins che esistevano tre principali famiglie di virus della polio, chiamati tipo 1, 2 e 3, e che sarebbe stato necessario un diverso vaccino per ciascun tipo per garantire una ampia protezione dalla polio.
7) La scoperta di David Bodian e colleghi, tra la fine degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta, che il virus della polio entrava nell’organismo attraverso la bocca, e doveva poi passare al flusso sanguineo prima di infettare il tessuto nervoso, e che bloccando l’infezione nel sangue era possibile impedire al virus di entrare nel tessuto nervoso e causare la paralisi. Il lavoro di Enders e Bodian aprì la strada allo sviluppo dei vaccini di Salk e Sabin.
8) La valutazione da parte di Jonas Salk e dei suoi colleghi all’Università di Pittsburgh di possibili vaccini prodotti per inattivazione del virus tramite formalina sotto diverse condizioni, finché non venne identificato un vaccino che fosse efficace e abbastanza sicuro per la prova nell’uomo.
9) La valutazione, da parte di Albert Sabin, di centinaia di ceppi del virus della polio incentinaia di scimmie e dozzine di scimpanzé prima di identificare dei ceppi attenuati in grado di entrare efficientemente nell’organismo tramite il sistema digerente e provocare una risposta immunitaria adeguata a proteggere dai diversi ceppi patogeni di polio senza causare loro stessi la malattia.
Difficilmente sorprende il fatto che coloro che erano vicini ad Albert Sabin siano disgustati dal modo in cui il suo punto di vista viene distorto dagli attivisti dei diritti degli animali. Scrivendo alWall Street Journal due anni dopo la sua morte, la vedova di Albert Sabin, Heloisa Sabin, parlò del valore degli animali nella ricerca.
LA SPERIMENTAZIONE ANIMALE SALVA VITE UMANE
Wall Street Journal, 18 Ottobre, 1995
di Heloisa Sabin
La signora Sabin è direttore onorario di “Americans for Medical Progress”.Quella scena in “Forrest Gump”, in cui il giovane Forrest scappa dai bulli di scuola così veloce che i tutori si rompono in mille pezzi mentre le sue gambe forti lo portano alla salvezza potrebbe essere l’unica immagine dell’epidemia di polio degli anni cinquanta impressa nelle menti di chi è troppo giovane per ricordare la reale devastazione che la malattia causò. Hollywood ha creato una scena di trionfo ben lontana dalla realtà della malattia.
Alcuni di coloro che hanno beneficiato direttamente della ricerca sulla polio, compreso il lavoro del mio defunto marito, Albert Sabin, pensano che vincere la vera guerra contro la polio sia stato altrettanto semplice. Hanno abbracciato un movimento che denuncia lo stesso processo che ha permesso loro di aspettarsi una buona salute e un futuro promettente. Questa ideologia dei “diritti degli animali” – sposata da gruppi come “People for the Ethical Treatment of Animals” , “The Human Society of U.S.” e “Fund for Animals” – rigetta l’uso degli animali da laboratorio nella ricerca medica e nega il ruolo che tale ricerca ha avuto nella vittoria contro la polio.
I leader di questo movimento sembrano aver dimenticato che anno dopo anno, all’inizio degli anni cinquanta, le stesse parole “paralisi infantile” e “poliomielite” infondevano nei giovani genitori l’enorme paura che la malattia avrebbe preso i loro figli nel sonno. Ogni estate spiagge pubbliche, parchi giochi e cinema erano posti da evitare. Le epidemie di polio condannarono milioni di bambini e ragazzi a una vita piagata da polmoni debilitati, non più in grado di respirare da soli, e dai giovani arti rimasti per sempre inerti e fragili. La malattia lasciò eserciti di bambini sulle stampelle e in sedia a rotelle, incapaci di camminare, correre e saltare. Negli Stati Uniti, la polio colpì circa 58.000 bambini solamente nel 1952.
Al contrario dei tutori sulle gambe di Forrest Gump, quelli veri venivano sostituiti solo man mano che le gambe deformi dei bambini crescevano. Altri bambini e ragazzi erano seppelliti in polmoni di acciaio. L’unico accesso al mondo che questi pazienti avevano era attraverso specchi posti sopra la loro testa. Tutto questo, però, non fa più parte della nostra memoria culturale collettiva.
Albert era in prima linea nella ricerca sulla poliomielite. Nel 1961, trent’anni dopo aver cominciato a studiare la polio, il suo vaccino orale fu introdotto negli Stati Uniti e ampiamente distribuito. Circa quarant’anni dopo, la polio è stata eradicata dell’emisfero occidentale, come riporta l’Organizzazione Mondiale della Sanità, aggiungendo che con uno sforzo su vasta scala la polio potrebbe essere eliminata dal resto del mondo entro l’anno 2000.
Senza la sperimentazione sugli animali, la polio continuerebbe a reclamare migliaia di vite ogni anno. Albert disse a un giornalista, poco prima della sua morte, nel 1993, che “non ci sarebbe potuto essere nessun vaccino orale per la polio senza l’uso di innumerevoli animali, un numero enorme di animali”. Gli animali sono ancora necessari per testare ogni nuovo lotto di vaccini che viene prodotto per i bambini di oggi.
Gli animalisti affermano che i vaccini non misero veramente fine all’epidemia – che, grazie ai miglioramenti dell’igiene pubblica, la polio stava già scomparendo prima che i vaccini fossero sviluppati. Questo non è vero. In realtà, l’igiene avanzata fu in parte responsabile del drammatico aumento del numero di casi di poliomielite paralitica negli anni cinquanta. Miglioramenti nelle pratiche di igiene ridussero il tasso di infezione, così che l’età media di chi veniva contagiato dal virus della polio salì. Ragazzi e bambini più grandi avevano più probabilità rispetto ai più piccoli di sviluppare paralisi a seguito del contatto con il virus della polio.
Ogni bambino che abbia assaggiato il dolce cubetto di zucchero o assunto le gocce contenenti il vaccino di Sabin negli ultimi quarant’anni conosce la polio solo di nome, come un oscuro riferimento in un film popolare. Grazie a Dio non è più parte della loro realtà.
Queste generazioni libere dalla polio sono cresciute per diventare dottori, insegnanti, dirigenti d’azienda, funzionari di governo e genitori. Hanno le loro preoccupazioni e battaglie. Cancro, malattie cardiache, ictus e AIDS sono realtà molto più letali per loro di quanto non lo sia la polio. E nonostante questo, coloro che supportano rivendicazioni dei “diritti degli animali” che paralizzerebbero la ricerca e ostacolerebbero la medicina, stanno sbattendo la porta in faccia alle possibilità di nuovi trattamenti e cure.
Mio marito era un uomo gentile, ma era insofferente verso chi rifiutava di riconoscere la realtà o di cercare risposte ragionate ai problemi della vita. Della schiera di pionieri della ricerca sulla poliomielite fanno parte non solo gli scienziati, ma anche gli animali da laboratorio che giocarono un ruolo fondamentale nel porre fine alla polio e nell’arrestare molte altre malattie per le quali oggi abbiamo vaccini e cure. Gli animali continueranno ad essere una parte tanto vitale quanto gli stessi scienziati che li studiano nella battaglia per eliminare il dolore, la sofferenza e la malattia dalle nostre vite.
Questa è la realtà del progresso medico.
Gli attivisti dei diritti degli animali sono liberi di esprimere la loro opposizione all’uso degli animali nella ricerca, ma non possono derubare così palesemente la società dei suoi successi scientifici. Almeno una cosa è certa: se i nostri critici avessero avuto la meglio allora, oggi milioni di bambini sarebbero morti o disabili per la polio e altre malattie infettive.
*Ovviamente Jonas Salk è altrettanto, se non di più, meritevole di questo riconoscimento.