Paziente, cellule e ricercatori: un legame diretto
Se già per le patologie cosiddette ”comuni” è difficile avere una comunicazione chiara e diretta fra medico e paziente, possiamo immaginare come sia il rapporto “malato raro-medico”, ed ancor più insolito e difficile il legame diretto “malato raro-ricercatore”.
Ma è una situazione di così utopica realizzazione? Nel 2009 è nata, fra Mestre e Padova, la realizzazione di un sogno, la lotta contro una paura: un progetto di ricerca scientifica che mette in stretto contatto ricercatori e paziente affetto da una patologia rara.
Il tutto partendo da una malattia rara (considerata “rara fra le rare”), la Sindrome E.E.C., patologia genetica causata dal gene p63, fautore della composizione dell’80% dell’organismo umano. Questa sindrome comporta, oltre alle mutazioni ossee agli arti e labio-palato-schisi, oltre agli importanti problemi ortodontici, gravissime degenerazioni della cornea portando alla cecità.
Una giovane ma determinata adolescente, Giulia Volpato, guidata e supportata da una madre tenace come l’acciaio, Cristina Bolzonella, e dalla sorellina più piccola Rachele, ha donato le sue cellule ad una persona su cui iniziò a riporre totale fiducia, Enzo Di Iorio, altrettanto giovane ma brillante ricercatore di Mestre.
Dal 2009 iniziarono le sperimentazioni scientifiche, i lavori sulle cellule di Giulia, a favore di innumerevoli persone anche non affette da E.E.C. in tutto il mondo.
Il rapporto fra Cristina, Enzo e Giulia iniziò a diventare quotidiano, trasparente e fondamentale sia per gli uni che per gli altri. Il laboratorio si è reso semplice per permettere a Giulia di capire ciò su cui i suoi “angeli” stavano lavorando, la “vita comunemente rara” si è resa quotidiana testimone di una rivoluzione sia scientifica che comunicativa.
In una breve intervista fatta al ricercatore E. Di Iorio, abbiamo potuto trovare tutta l’importanza di questo nuovo metodo di lavoro a stretto contatto:
Rapporto fra paziente e ricercatore, come questa cosa ha influenzato e conformato il tuo lavoro di ricercatore?
“Il rapporto fra me e Giulia è, innanzitutto un rapporto speciale fra, potremmo azzardare, amici… ma è soprattutto indispensabile in quanto per questa tipologia di progetti (di tipo traslazionale) diventa necessaria la disponibilità di cellule staminali derivanti direttamente dal paziente, con l’obiettivo di caratterizzarle, correggerne il difetto genetico per poi in futuro restituirle al paziente (in quanto sue)”.
Un percorso per cui è stato necessario instaurare, in primis, un ottimo livello di fiducia reciproca; lo sforzo più grande che deve fare il paziente è quello di credere nell’obbiettivo della ricerca scientifica, senza per questo pensare che gli esperti violeranno questo sentimento. Il percorso dell’associazione p63 Sindrome E.E.C. International Onlus con quello della ricerca è stato:
“un percorso eccitante e stimolante, basato sulla fiducia e rispetto reciproco ma soprattutto sulla trasparenza e chiarezza. La comunicazione avviene in modo trasversale: sia in modo ufficiale con riunioni e convegni mensili, sia in modo informale tramite telefonate, e-mail quasi quotidiane”.
Per un ricercatore è importante l’aiuto e l’interessamento dei pazienti in merito alla ricerca sia per un discorso etico, in quanto il paziente dona il suo materiale biologico, sia da un punto di vista pratico perché :
“a questo gesto d’amore deve fare assolutamente seguito un ritorno che preveda il suo coinvolgimento ed un costante flusso informativo sui risultati e sullo sviluppo della ricerca stessa”.
Non possiamo però pensare e pretendere che pazienti e ricercatori siano immuni da paure ed aspettative.
Secondo Di Iorio:
“Il paziente non dovrebbe avere paura poiché si tratta di un percorso esplorativo che porterà comunque a dei risultati positivi, in primis la conoscenza”.
Più che di paura, dovremmo forse parlare di timore:
“timore che lo studio potrebbe non portare a dei risultati ottimali tanto attesi sia dai ricercatori, che portano avanti con la passione il loro lavoro, sia ovviamente dal paziente che coronerebbe il sogno di sconfiggere la malattia rara”.
Non solo ricercatori, anche persone dietro al lavoro, persone per cui:
“la paura ed il timore sono dettati dalla consapevolezza che, pur facendo il massimo degli sforzi, potrebbe deludere le aspettative del paziente”.
Senza l’aiuto ed il rapporto che si è instaurato con Giulia e l’associazione, forse i risultati scientifici (più che positivi fortunatamente), oggi sarebbero diversi:
“Giulia, è stata, di fatto, la prima ad aver creduto nella nostra equipe e nel nostro progetto di ricerca, la ringraziamo sicuramente per il suo entusiasmo e anche di averlo poi, divulgato a tutti gli altri pazienti, con il lavoro continuo, quotidiano e prezioso dell’associazione p63 Sindrome E.E.C. International Onlus. Ad oggi sono numerosissimi i contatti che l’Associazione ha in tutto il mondo”
Ricerca & vita, laboratorio & comunicazione, famiglie di malati rari & ricercatori.
La Ricerca è per definizione un lavoro di squadra, basato sulla sinergia di diverse e molteplici expertise e sulla condivisione dei risultati ottenuti… per questo il nostro lavoro funziona.
Dott.ssa Giulia Volpato
Vicepresidente Associazione p63 sindrome eec international Onlus