Intervista alla Dott.ssa Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttore Responsabile dell’O.Ma.R.
Una delle barriere che esistono attorno al tema delle malattie rare è, senza alcun dubbio, l’informazione e quest’ultima non trattasi solo di spiegare al grande pubblico cosa sia una malattia rara e cosa ci sia dietro a nomi di sindromi complicati ma anche le problematiche di tipo burocratico, le difficoltà legate all’invalidità e la ricerca che lavora quotidianamente per poter studiare e trovare delle possibili terapie. Molte volte nei giornali, nelle radio e nella televisione si sente parlare di queste malattie solo in occasione di giornate nazionali o internazionali per la lotta contro queste (e spesso riassumendo concetti che meriterebbero più tempo) o durante campagne di raccolta di fondi, come nel caso diTelethon.Ma nell’ambito delle malattie rare esiste un punto di riferimento per malati, medici o semplici curiosi dove poter reperire informazioni e leggere le ultime news riguardo una specifica malattia: stiamo parlando dell’ O.Ma.R. (Osservatorio Malattie Rare), una testata giornalistica interamente dedicata alle malattie rare che informa a tutto tondo su questa difficile tematica.
Ed oggi ProTest Italia ha l’occasione e l’onore di poterne intervistare il Direttore Responsabile, la Dott.ssa Ilaria Ciancaleoni Bartoli.
Innanzitutto La voglio ringraziare per la possibilità di questa intervista.
Partiamo dal principio: come è nato l’O.Ma.R.? Quali difficoltà avete dovuto affrontare? In fondo di tratta di una tematica che in pochi decidono di trattare in modo così approfondito…
L’idea è nata dopo alcune brevi esperienze di ufficio stampa in associazioni che si occupavano di malattie rare come la SLA e la Distonia Focale. Mi sono accorta che c’era davvero difficoltà nel reperire informazioni scientificamente valide e aggiornate e che la ricerca in rete era, sia per i pazienti che per i giornalisti, piena di trappole ed inesattezze. Da qui l’idea di aprire qualcosa di simile ad una agenzia di stampa, che sapesse dare informazioni ai pazienti e al tempo stesso offrire aggiornamenti in tempo reale ai colleghi. All’inizio è stato davvero difficile capire quali fonti fossero affidabili, e ancor di più trovare sponsor per una iniziativa nuova, nata ‘dal nulla’ e non da una specifica associazione di pazienti. In molti sostenevano che avrebbe avuto vita breve.
Quali informazioni dovrebbe trasmettere un giornalista che affronta in un articolo una malattia rara? Cosa vuole sapere il lettore medio, secondo Lei?
Considerato che delle malattie rare non si sa quasi nulla la prima regola è cercare di non dare nulla per scontato. Bisogna spiegare come si manifesta la malattia, a che cosa è dovuta – sempre che questa informazione sia disponibile – quali sono le possibilità terapeutiche realmente disponibili e quali, invece, potrebbero arrivare ma sono ancora in fase di ricerca. Bisogna stare molto attenti a trovare un equilibrio tra la speranza per il futuro e le reali possibilità: è chiaro che i pazienti e i loro familiari cercano in rete anche una speranza, ma bisogna essere realisti e non illuderli. Molto meglio dire le cose come stanno e cercare di dire loro quali sono i centri più specializzati a cui rivolgersi, un’informazione preziosa e spesso difficilissima da trovare.
Quali difficoltà affronta come giornalista nel parlare di una malattia rara?
La prima difficoltà è sempre quella di trovare informazioni affidabili e al tempo stesso utili, sia per i pazienti che per i giornalisti che usano Omar come fonte. Sulle riviste scientifiche spesso si trova molto sulle singole patologie, ma tanta è ricerca di base, in fase preclinica e magari volta a capire i meccanismi di base di una malattia. Da punto di vista scientifico è certamente importante, ma i pazienti cercano altro, e dunque anche i lettori. Poi sarebbe davvero importante poter parlare con un medico esperto, che veda realmente i pazienti, ma non è detto che sia semplice individuarlo, e non è detto nemmeno che questi specialisti siano in Italia: non che nel nostro paese manchino gli esperti, questo non è assolutamente vero, ma ci sono patologie così rare, con così pochi casi, che talvolta i medici che le conoscono sono pochi in tutto il mondo, e bisogna cercarli lì dove sono. Se è difficile per noi giornalisti che in fondo non abbiamo urgenza pensate come possa essere complicato e drammatico per una famiglia alle prese con la malattia. Non bisogna cedere alla tentazione di interpellare chiunque pur di dare una notizia o un commento.
Cosa ne pensa della situazione italiana, per quanto riguarda l’informazione sulle malattie rare da parte dei media?
Purtroppo l’informazione giornalistica sulle malattie rare è scarsa in Italia come nel resto del mondo. Già la scienza e la medicina sono argomenti che ‘non tirano’, figuriamoci se sono malattie rare. Nella maggior parte dei casi quando se ne parla lo si fa cercando le storie strane, magari perché le patologie si manifestano con sintomi che destano curiosità, oppure perché c’è una storia strappalacrime da raccontare, o magari un caso di malasanità: per le eccellenze e i progressi della ricerca c’è poco spazio, giusto qualche trafiletto per pubblicare i comunicati stampa dei centri dei ricerca o delle università, ma l’approfondimento è davvero poco. E non mancano tante informazioni superficiali ed errate.
La politica e le malattie rare: ad Ottobre 2014 è stato approvato il Piano Nazionale 2013-2016 per le Malattie Rare, con un enorme ritardo e molti punti da migliorare sicuramente: cosa ne pensa di questo Piano? E in generale, quali sono le questioni di rilievo, riguardanti le malattie rare, di cui la politica dovrebbe occuparsi?
E’ vero che il PNMR è stato approvato, se pur con oltre un anno di ritardo, ma sono tante belle parole, sicuramente condivisibili, che non hanno neppure un euro di finanziamento. Quello dei fondi è certo un problema grave: non ci sono soldi per approvare la nuova lista delle patologie rare esenti – se ne discute in questi giorni e chissà che almeno su questo non si faccia un passo avanti – non ci sono soldi per fare lo screening a tutti i nuovi nati su oltre 40 malattie metaboliche rare, non ci sono soldi per sostenere la ricerca, tant’è che ormai a questo pensa il non profit e direttamente le aziende private, non ci sono soldi per agevolare le terapie rivolte ai malati rari, che spesso sono frutto delle biotecnologie e sono naturalmente costose. Le cose di cui occuparsi sarebbero tante e varie, è ovvio che non tutti i problemi si possono risolvere velocemente, a volte sarebbe già tanto se non si tornasse indietro, invece nella discussione dell’ultima legge di stabilità è stato solo grazie alle tante proteste se due norme a tutela delle malattie rare non sono state tolte. Un po’ più di sensibilità non guasterebbe.
Come ha visto evolvere la ricerca in questi anni di attività dell’O.Ma.R, riguardo le malattie rare? Quali sono state le più importanti novità a suo parere?
In questi 5 anni di attività ho visto un buon numero di farmaci per malattie rare che prima non avevano alcune cura arrivare sul mercato, e tante sperimentazioni cliniche cominciare o arrivare a conclusione: già questo è un buon segno. Ho visto crescere in numero e anche in capacità organizzative le associazioni dei pazienti, e questo è fondamentale. In mancanza di politiche pubbliche forti a favore della ricerca spesso sono queste a fare da ‘supplenti’, insieme ad alcune grandi organizzazioni come Telethon, capaci di raccogliere fondi ingenti e indirizzarli alla ricerca più seria, cosa che spesso lo Stato non sa fare, distribuendo fondi a pioggia. La ricerca sta facendo passi da gigante, lo sviluppo delle biotecnologie è stato in questo fondamentale insieme alla sempre maggiore conoscenza del nostro Dna e allo sviluppo di strumenti per studiarlo in modo sempre più veloce. E’ grazie a questo se la terapia genica sta facendo passi avanti: non ha avuto il ‘boom’ che ci si era attesi magari, gli ostacoli ci sono stati, ma alla fine si è arrivati a portare ai pazienti la prima cura di questo tipo.
Quali sono le difficoltà che la ricerca si trova ad affrontare nello studiare e trovare cure per queste malattie?
Le malattie rare note sono circa 8.000, solo poche decine hanno oggi delle terapia veramente in grado di cambiare la vita dei pazienti o di guarirli, per tutti gli altri non c’è ancora nulla. Il perché sta soprattutto nella difficoltà a conoscere queste malattie: fin quando non si capisce bene il meccanismo che è alla base trovare una terapia che non sia solo sintomatica è difficile, per questo la ricerca di base è comunque fondamentale. Ma i pazienti sono pochi e le diagnosi spesso arrivano tardi o non arrivano affatto, non è semplice fare ricerca se ci sono a disposizione pochi casi in Paesi diversi e lontani, e per lo stesso motivo ci vuole tantissimo per cominciare le sperimentazioni una volta che la fase preclinica è conclusa, sempre che sia andata a buon fine. E’ anche per questo che la ricerca sulle malattie rare costa tanto e va lenta, non perché non c’è interesse da parte delle aziende, come si sente dire in giro.
Negli ultimi anni ci sono stati molti eventi di contestazione contro Telethon o addirittura boicottaggi di raccolte fondi da parte di animalisti. Ritiene che questo possa influenzare la ricerca, almeno in Italia, sulle malattie rare? E ritiene che queste raccolte fondi siano importanti per la ricerca?
Mi domando: chi fa queste proteste, se avesse un figlio affetto da una malattia rara, accetterebbe un farmaco sperimentato sugli animali? Chiederebbe alla scienza di fare tutto il possibile? Credo di si. È facile protestare quando certe cose non ti toccano. Ovvio che poi bisogna fare il possibile per non far soffrire gli animali, usarli solo se necessario, ma questo in Italia si fa già. Queste posizioni possono fare molto male alla scienza, non solo quelle animaliste ma tutte quelle basate su preconcetti e ideologie: basti pensare ai danni che ha fatto in Italia la Legge 40, che poi è stata smontata pezzo per pezzo nei tribunali.
Parliamo un attimo dell’assistenza ai malati rari: quali difficoltà incontra un malato raro in Italia dal punto di vista burocratico e assistenziale?
Dal punto di vista burocratico e assistenziale i malati rari in Italia vivono un calvario. Prima devono superare tutte le difficoltà per dare un nome alle loro malattie, districandosi tra liste d’attesa e viaggi spesso inutili da un centro all’altro. Poi devono capire se la loro malattia ha un codice di esenzione, che vale per pochissime malattie, oppure non lo ha. A quel punto cominciano i problemi per farsi fornire i farmaci, un diritto per cui spesso bisogna lottare, per avere gli ausili, che arrivano con tempi biblici, per vedersi riconosciuta l’invalidità, l’accompagnamento o magari la legge 104. Sono pratiche complesse per tutti i malati, ma se poi ci si trova davanti a una commissione medica che la tua malattia non l’ha mai sentita nominare, se questa non figura in nessuna tabella, allora sì che i problemi si moltiplicano. Per non parlare poi del fatto che anche in tema di esenzioni per le malattie rare ogni regione si regola diversamente, e per i pazienti è anche difficile scambiarsi consigli o trovare pratiche uguali dappertutto.
Vuole lasciare un messaggio per i nostri lettori?
Il messaggio che voglio lasciare è questo. Non pensate che le malattie rare siano una cosa lontana che capita a pochissimi, se vi guardate intorno probabilmente ognuno di voi conosce almeno un malato raro. Magari è quel ragazzo disabile in classe con vostro figlio, magari è il collega che una volta a settimana si assenta per andare a fare una trasfusione, oppure quella collega che mette di continuo il collirio e che viene in ufficio senza voce. Queste persone potrebbero combattere una malattia rara di cui non vi hanno mai parlato: la Duchenne, la talassemia o la sindrome di Sjogren. Perché se è vero che ogni patologia ha pochi pazienti è anche vero che solo in Italia si contano circa 2 milioni di malati. Quindi provate a pensare alle malattie rare come a qualcosa di reale, di vicino, a cui porre attenzione nella vita quotidiana.
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