Gli emendamenti del Senato alla Direttiva Europea: un attentato alla cultura scientifica, alla ricerca e alla produzione

Lo sviluppo delle conoscenze in biologia ed in medicina, e di conseguenza, il progresso della pratica medica, sono risultati della ricerca, condotta contemporaneamente su molteplici modelli; senza cellule, con cellule coltivate in vitro e con animali di laboratorio. Se confronto la situazione della ricerca e della pratica clinica al tempo della mia laurea, oltre 40 anni fa, a quella di oggi non posso che rimanere sbalordito. Buchi neri ed errori delle conoscenze sono stati colmati e corretti, malattie incurabili sono oggi trattate con successo, la vita media dei pazienti è aumentata di molti anni. Sostenere, come fa qualcuno, che in tutto questo progresso l’uso degli animali è stato inutile è, diciamolo pure, una bestemmia. Gli animali sono indispensabili per indirizzare i risultati della ricerca verso l’utilizzazione nell’uomo. Chi sostiene che l’uomo dovrebbe sostituire gli animali in questo ruolo auspica semplicemente che le malattie ancora da sconfiggere, come i tumori, le malattie genetiche o quelle psichiatriche, continuino a colpire i pazienti, che il progresso della medicina si arresti. Fortunatamente tutto questo non accadrà, a condizione però che la maggioranza degli Italiani faccia uno sforzo per ragionare e rendersi conto della situazione, e non si faccia ingannare da affermazioni e da parole irreali come vivisezione. La vivisezione si fa, soprattutto, su noi uomini, quando, dopo anestesia, siamo sottoposti ad interventi chirurgici. Nella ricerca è una pratica rara, condotta in condizioni analoghe a quelle della chirurgia.

Veniamo ora agli animali utilizzati per la ricerca. La propaganda animalista parla soprattutto di cani e gatti, però i dati della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana dimostrano come, per oltre il 90%, gli animali utilizzati siano roditori, topi e ratti. L’utilizzo dei cani è limitato a ceppi che esprimono caratteristiche o sintomi di malattie analoghe a quelle dell’uomo. I gatti non sono utilizzati per niente. Tutti gli animali sono mantenuti in condizioni di stabulazione accuratamente controllate, molto, ma molto migliori di quelle degli allevamenti di polli, tacchini o pesci. Non c’è bisogno di dire che gli allevamenti, infinitamente più grandi degli stabulari di ricerca, finora non hanno sollevato grandi proteste, almeno a livello pubblico. Inoltre tutti gli esperimenti su animali devono essere preventivamente approvati dai Comitati Etici degli Istituti e devono esser condotti secondo le regole europee, che sono molto più restrittive, per esempio, di quelle americane. L’idea che esistano ricercatori sadici, che agiscono per conto loro in modo crudele, è quindi inverosimile.

Vediamo ora la situazione in Italia. Come tutti sanno, la ricerca riceve dallo Stato e da fonti private finanziamenti molto minori (circa un terzo) di quelli degli altri paesi della Comunità Europea. Inoltre l’industria farmaceutica, che fino agli anni ’70 aveva avuto un ruolo importante nelle’economia del paese, con imprese come Farmitalia, Lepetit ed altre, è ridotta a dimensioni assai modeste. Eppure, nel suo complesso, la realtà non è negativa. Tutti gli studi del settore hanno mostrato come la ricerca italiana, se valutata in termini di numero di ricercatori coinvolti o di finanziamenti ricevuti, è spesso migliore di quella degli altri Paesi. Questo è dovuto, da un lato, al grande impegno dei ricercatori, biologi e medici, di numerosi Istituti; dall’altro lato, alla loro interazione con Fondazioni e industrie, anche straniere, che li appoggiano proprio per il loro prestigio.

Il nostro Parlamento doveva ratificare le Direttiva della Comunità Europea in termini di ricerca su animali. Ha perduto un sacco di tempo e, alla fine, ha votato, in fretta e furia, una serie di emendamenti che alcuni senatori animalisti ritenevano essere necessari per “ragioni umanitarie”. Non starò ad entrare nei dettagli degli emendamenti. Mi basta dire che le conseguenze metteranno la ricerca italiana in una situazione di grande difficoltà nei confronti del resto dell’Europa. Numerosi ricercatori si troveranno in condizioni di non poter più lavorare, e aumenteranno cosi la così detta fuga dei cervelli, cioè la perdita di ricercatori qualificati; la nostra industria, già così in difficoltà, avrà ancora più problemi a competere con le industrie straniere del campo; finanziamenti internazionali saranno preclusi ai nostri laboratori, diminuendo le loro possibilità di affermazione; si ridurranno i posti di lavoro nella ricerca e nell’industria farmaceutica. Insomma gli emendamenti finiranno per essere un vero attentato ad alcune delle attività migliori oggi realizzate nel nostro Paese.

Per resistere a questo inatteso attentato alla cultura scientifica, all’attività di ricerca e alla produzione che mette in pericolo il futuro del nostro paese in un momento di grande difficoltà,non abbiamo molta scelta: dobbiamo reagire. Da un lato, dobbiamo chiedere al Governo di eliminare gli emendamenti introdotti dal Parlamento; dall’altro lato, dobbiamo trovare il modo di far presente a tutti la situazione, spiegando serenamente la realtà della ricerca. Per questo non soltanto mi associo alla manifestazione di Pro-Test a Roma, il prossimo 19 Settembre, ma io stesso ho organizzato un dibattito a Genova, nel quadro del Festival della Scienza, il prossimo 2 Novembre. Vi aspettiamo in queste occasioni. Il problema è grave e richiede un grande impegno da parte di tutti, ricercatori e no.

Jacopo Meldolesi
Professor Emerito
Accademico dei Lincei
Past President,
Federazione Italiana Scienze della Vita

Potrebbero interessarti anche...