Oncologia e chemioterapia tra passato presente futuro e le minacce dei ciarlatani

Questo articolo ha come unico scopo esporre in maniera semplice e chiara in cosa consistono l’oncologia e la chemioterapia, cercando di sfatare alcuni falsi miti e leggende metropolitane che si possono trovare sul web e che possono ingannare i non esperti ai lavori.

Inizieremo quindi con un excursus sulla storia dell’oncologia, su come si è arrivati all’utilizzo della chemioterapia (cercando di comprendere l’importanza della ricerca scientifica in questo processo) per poi passare alle problematiche presenti e alle prospettive future.

1. Il passato

La nascita dell’oncologia ha origini antiche. Il primo scritto riguardante un caso di tumore risale alla medicina egizia, nell’antico papiro di Kahun (1850 a.C.) infatti è presentata la descrizione di un cancro dell’utero, mentre un altro documento, il papiro di Ebers (1550 a.C.) tratta della condizione di non curabilità di tale patologia.

Tuttavia l’incurabilità delle neoplasie viene ribadita anche dal padre della medicina Ippocrate(460 – 370 a.C.) , secondo il quale l’origine delle malattie è esclusivamente fisica e fondata sull’armonica mescolanza dei quattro umori:

  • il sangue derivante dal cuore
  • il flegma che originava nel cervello
  • la bile gialla dal fegato
  • la bile nera proveniente dalla milza

Così alla rottura dell’equilibrio corrisponde uno stato di discrasia, ovvero di malattia, e il prodotto dell’accumulo di bile nera nei tessuti è ciò che produce i tumori maligni. Per definirli il medico greco utilizza per la prima volta il termine carcinoma, la cui origine etimologica è granchio (dal greco karkinos), poiché, proprio come l’animale, divora i tessuti con una morsa dolorosa e acuta. Per il trattamento dei tumori esterni egli consigliava il ricorso a sostanze naturali emollienti o alla cauterizzazione, mentre riteneva opportuno «Non curare i portatori di tumori occulti: i malati muoiono presto se curati, vivono più a lungo se abbandonati al loro destino».

Sulla base degli studi di Ippocrate il medico romano Galeno (129- 201 d.C.) tenta di riformulare la patogenesi dei tumori. Nel secondo libro del “De Naturalibus Facultatibus” egli utilizza il termine cancro per indicare « una malattia che si caratterizza con un ingrossamento, una protuberanza e il cui nome deriva dalla somiglianza che le vene gonfiate dal tumore hanno con le zampe del granchio ». Il neologismo galeniano discende infatti dal nome latino del granchio (cancer), e ad esso si affianca anche quello di sarcoma.

Secondo Galeno, inoltre, per impedire lo sviluppo del tumore bisognava evitare che la bile nera si fissasse in un determinato tessuto. Con l’insorgere della malattia il paziente poteva essere curato con l’aiuto di medicamenti, diete equilibrate, somministrazione – secondo il principio “Similia similibus curantur”- di veleni e nei casi più gravi l’asportazione chirurgica o la cauterizzazione. Se i tumori non potevano essere operati si somministrava all’infermo estratto di papavero (in sostanza oppio) per lenire il dolore. Per secoli la teoria degli umori è stata accettata come un dogma dalla classe medica a causa dell’ “Ipse dixit”, rallentando così lo sviluppo in campo oncologico.

È con Paracelso (1493 – 1541 d.C.) che per la prima volta si assiste alla disintegrazione della teoria umorale di Galeno. L’alchimista riteneva che i tumori maligni fossero prodotti non dall’accumulo della bile nera, ma da un sale il “realgar“. Inoltre gli studi anatomici di Andrea Vesalio (1514-1564 d.C.) avevano contribuito ad abbattere il dogma galenico dimostrando l’inesistenza della bile nera. Anche il filosofo Cartesio (1596-1650) lo aveva smentito sostituendo al potere patogenetico dell’umor nero quello della linfa, unica responsabile della malattia tumorale.

Un importante contributo allo sviluppo dell’oncologia venne nel Settecento da due grandi personaggi storici: il chirurgo londinese Percival Pott (1714-1788) e il medico tedesco Samuel Thomas Sömmering (1755-1830). L’inglese nel 1775 identifica un cancro a penetranza professionale elettiva: il cancro scrotale degli spazzacamini. È il fattore chimico, la fuliggine, l’agente scatenante ed è per questo che Pott intuisce il bisogno di «un massiccio intervento di ordine chirurgico e una legislazione severa che eliminerà la malattia in due generazioni». Similmente nel 1795, il tedesco associava il cancro del labbro con i danni provocati dal fumo della pipa.

Altro importante contributo italiano è fornito dall’anatomopatologo Giovan Battista Morgagni(1682- 1771), il quale afferma che ogni malattia ha una precisa sede e una determinata causa. Il chirurgo più che il medico quindi è il primo a riconoscere il tumore come un male locale che colpisce determinati tessuti, come descritto nella fisiopatologia delle membrane di Marie François Xavier Bichat (1771-1802). Il medico francese infatti vede i tumori come fenomeni locali che bisogna estirpare tempestivamente e se ciò non avviene allora il cancro diviene, secondo il chirurgo Joseph Claude Anthelme Récamier (1774 – 1852), una malattia generale a causa delle metastasi (neologismo da lui coniato).

La vera svolta nel corso dell’Ottocento in campo oncologico è data da uno dei più grandi ricercatori di tutti i tempi: Rudolf Virchow (1821-1902). Con la sua Patologia Cellulare afferma che per poter indagare e scoprire la misteriosa eziopatogenesi del cancro occorre studiare la cellula tumorale dal punto di vista istologico e fisiologico. Egli afferma « con tutta la sua pratica anche un indaffarato chirurgo, se vuole ottenere quel che i suoi predecessori non hanno ottenuto, non può fare a meno di ricorrere infine all’istologia e al microscopio». Si comprende quindi l’importanza di conoscere meglio le caratteristiche del tumore, andando al di là del visibile per individuare il miglior trattamento possibile.

Agli inizi del Novecento un brillante scienziato tedesco, Paul Ehrlich (1854 -1915) premio Nobel per la medicina 1908, scopre che alcuni prodotti chimici potevano danneggiare e distruggere l’agente causale di alcune malattie infettive. Nasce così la chemioterapia. In campo oncologico nel 1946 viene scoperto l’effetto curante delle mostarde azotate su organismi affetti da tumori. La chemioterapia antitumorale ha successo grazie alle affinità tra queste molecole sintetizzate e alcune porzioni di DNA che vengono inibite e perciò impossibilitate nella riproduzione, contrastando così la crescita della neoplasia. La costante ricerca di agenti sempre più selettivi verso le cellule tumorali e meno nocivi all’uomo, spingono gli scienziati all’utilizzo di antineoplastici naturali. Tra i più importanti si collocano i taxani e gli alcaloidi della vinca, tutt’oggi in uso. Grazie alla ricerca scientifica e ai suoi frutti oggi possiamo contare circa una cinquantina di farmaci antineoplastici utilizzati quotidianamente in clinica

Nel corso dell’ultimo secolo poi è stato registrato uno dei più importanti eventi nella storia dell’umanità: la svolta epidemiologica, ovvero l’aumento esponenziale delle malattie metabolico–degenerative, quali il cancro, rispetto alla scomparsa di quelle infettive.

Oggi rivestono grande importanza la genetica, la biologia e la ricerca biomolecolare e soprattutto i cosiddetti fattori di rischio, ovvero:

  • i comportamenti e gli stili di vita
  • i condizionamenti ambientali e socio-economici

Per poter prevenire l’insorgenza di tumori, infatti, non basta controllare e limitare gli agenti cancerogeni, bisogna educare la società a stili di vita sani attraverso la prevenzione primaria.

Inoltre, la promozione sin dagli anni ’50 della prevenzione secondaria tramite screening di massa, ove la prevenzione primaria fallisce, permette a tutt’oggi la diagnosi precoce di alcune malattie (carcinoma mammario, prostatico e  del colon-retto per fare alcuni esempi) .

È in questi ultimi anni che l’oncologia medica ingloba impegno tecnologico, insegnamento e apprendimento, con la comprensione nella sua totalità antropologica e sociale.

 Foto di Nephron con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported. http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Low-grade_sil_and_endocx.jpg

Pap-Test: visione al microscopio di una lesione di basso grado SIL e mucosa endocervicale.
Foto di Nephron con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unreported.  http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Low-grade_sil_and_endocx.jpg

2. Il presente 

La chemioterapia è una procedura che consiste nella somministrazione di particolari farmaci, detti citotossici o antiblastici, allo scopo di distruggere le cellule tumorali. Il trattamento può prevedere la somministrazione di un solo farmaco o di più farmaci scelti tra una gamma di circa 50 prodotti disponibili in commercio. La decisione su quale sia il trattamento più indicato dipende da molti fattori, ad esempio dal tipo e dallo stadio del tumore, dalle condizioni biologiche (caratteristiche istologiche del tessuto neoplastico) e cliniche (età, sesso, pretrattamento, condizioni generali) del paziente.

Gli scopi della chemioterapia sono molteplici:

  • Guarigione: per alcuni tipi di cancro la chemioterapia può distruggere tutte le cellule tumorali, raggiungendo l’obiettivo della guarigione.
  • Ridurre le possibilità di recidiva: la chemioterapia può essere attuata dopo la chirurgia o la radioterapia allo scopo di distruggere eventuali cellule tumorali residue, raggruppate in masse troppo piccole per essere rilevate dagli strumenti diagnostici.
  • Ridurre la massa tumorale e prolungare la sopravvivenza: anche nei casi di malattia in stadio avanzato la chemioterapia può essere attuata per ridurre il volume tumorale, per ritardare la progressione della malattia e per cercare di prolungare la sopravvivenza assicurando al paziente una buona qualità di vita.

La chemioterapia, in base al tipo di tumore e alle caratteristiche dello stesso, può essere eseguita in tempi diversi, associata o meno ad altri tipi di interventi come la chirurgia o la radioterapia.

  • Prima dell’intervento chirurgico: la chemioterapia si attua prima della chirurgia allo scopo di ridurre una massa tumorale troppo voluminosa e facilitarne la rimozione, oppure nel caso in cui il tumore sia attaccato troppo saldamente al tessuto sano circostante e non possa essere asportato con il solo intervento. In tale situazione, la chemioterapia si può somministrare anche prima della radioterapia. Si parla in questi casi di terapia neoadiuvante.
  • Dopo l’intervento chirurgico: la chemioterapia si attua dopo la chirurgia nel caso in cui tutta la massa tumorale visibile sia stata asportata, ma sussista il rischio che alcune cellule tumorali, rimaste in circolo e non diagnosticabili con le metodiche strumentali, possano nel tempo dare origine ad una recidiva. In tali casi la chemioterapia ha lo scopo di distruggere queste eventuali cellule residue, riducendo così il rischio di ripresa della malattia.
  • La chemioterapia può essere attuata anche quando non è stato possibile rimuovere completamente il tumore con la chirurgia o quando la malattia si presenta già in forma metastatica e quindi non è operabile. In tal caso, la terapia non servirebbe per ottenere la guarigione, bensì per ridurre il volume tumorale e, di conseguenza, i sintomi. Si parla in questi casi di terapia adiuvante.
  • Durante la radioterapia: talvolta la chemioterapia si attua contemporaneamente alla radioterapia. In questo caso si parla di chemioradioterapia.
  • Chemioterapia ad alte dosi con successivo trapianto di midollo osseo: per alcuni tipi di tumore la chemioterapia è somministrata in dosi molto elevate. Ciò avviene comunemente nei casi in cui, nonostante la chemioterapia abbia ridotto il diametro tumorale, il rischio di recidiva resti elevato. Normalmente, gli alti dosaggi distruggono il midollo osseo che produce le cellule del sangue. Per tale motivo, alla conclusione del trattamento è necessario reintegrare il midollo osseo con il trapianto di cellule staminali prelevate dallo stesso paziente prima del trattamento oppure da un donatore compatibile.

A seconda del tipo di cancro e dei farmaci usati, le modalità di somministrazione della chemioterapia possono variare:

  • per iniezione in vena: è la più diffusa;
  • per bocca sotto forma di compresse o capsule: è la meno frequente (comunemente definita chemioterapia orale);
  • per iniezione in muscolo;
  • per iniezione sotto cute.

In casi particolari, la chemioterapia si può somministrare:

  • per iniezione nel fluido spinale (per via intratecale): si parla in tal caso di chemioterapia intratecale;
  • per iniezione in una cavità dell’organismo (per esempio nella cavità pelvica o in vescica): si parla in tal caso di chemioterapia intracavitaria;
  • in crema per uso topico: si può usare solo per alcune forme di tumore della pelle.

A volte, può essere opportuno attuare due o più modalità di somministrazione contemporaneamente (ad esempio, per endovena e per via orale).

Tranne i chemioterapici somministrati per via intratecale, intracavitaria e in crema per uso topico, tutti gli altri sono assorbiti nel sangue e veicolati nell’organismo, raggiungendo in questo modo le cellule tumorali in tutto il corpo.

Foto di Alessandro Bonino con licenza CC BY-NC-SA 2.0.http://www.flickr.com/photos/moto/69734559/

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La chemioterapia può causare effetti collaterali, la cui entità può variare da soggetto a soggetto e da trattamento a trattamento. È importante sottolineare che moltissimi degli effetti collaterali sono temporanei, diminuiscono e/o scompaiono gradualmente nei giorni successivi alla somministrazione o alla sospensione del trattamento.

I principali organi che possono risentire della chemioterapia sono quelli in cui le cellule normali hanno un alto turn-over, ovvero si moltiplicano velocemente, vale a dire la mucosa che riveste la bocca, l’apparato digerente, la cute, i capelli e il midollo osseo.

Gli effetti collaterali che più interferiscono con una buona qualità della vita (diarrea, vomito, dolori, fatigue) sono superabili con la somministrazione di farmaci specificamente mirati a ridurre o eliminare questi sintomi.

Potenziali effetti collaterali:

Oltre agli antiblastici tradizionali, per alcuni tipi di tumori che esprimono recettori ormonali, si può utilizzare l’ormonoterapia.

Questa è volta a contrastare l’azione degli ormoni, impedendone la produzione o l’ azione proliferativa che avrebbe sul tumore. La terapia ormonale può ridurre il rischio che il tumore si ripresenti dopo la fine delle altre cure (intervento chirurgico, radioterapia e/o chemioterapia) oppure può servire a ridurre per un certo periodo i sintomi di una malattia in fase più avanzata.

La terapia ormonale può essere usata per ridurre le dimensioni del tumore prima dell’intervento chirurgico di asportazione del tumore (terapia neoadiuvante) ma, più spesso, si fa dopo l’operazione e l’eventuale chemio o radioterapia, per evitare la ricomparsa della malattia. Se gli altri trattamenti non sono indicati, può anche essere l’unico tipo di cura adottata.

Si discute ancora dell’opportunità di utilizzarla come terapia preventiva in persone sane ma ad alto rischio per prevenire la comparsa del tumore (farmaco-prevenzione).

La terapia ormonale può essere utilizzata solo per tumori sensibili all’azione degli ormoni:

  • Tumore al seno (con recettori ormonali)
  • Tumore alla prostata
  • Tumore all’endometrio (il rivestimento interno dell’utero)
  • Tumore all’ovaio
  • Tumore al rene

La terapia ormonale è in genere ben tollerata e provoca effetti collaterali gravi solo in rari casi. Tuttavia comporta una serie di effetti, oltre che sul tumore, anche sul resto dell’organismo.

In uomini e donne può provocare:

  • Vampate di calore e sudorazione abbondante
  • Dolori articolari e osteo-muscolari
  • Riduzione della densità ossea
  • Calo del desiderio sessuale
  • Sbalzi di umore
  • Senso di stanchezza e affaticamento
  • Difficoltà di memoria
  • Aumento di peso
  • Disturbi digestivi
  • Disturbi della circolazione venosa
  • Nelle donne, in misura variabile a seconda dei diversi trattamenti, si possono avere:
  • Alterazioni o totale sospensione del ciclo mestruale
  • Secchezza vaginale
  • Negli uomini, in misura variabile a seconda dei diversi trattamenti, si possono avere:
  • Difficoltà di erezione
  • Dolore e tensione a livello mammario

Una recente acquisizione in ambito oncologico è la cosiddetta target therapy, o terapia bersaglio. Il limite maggiore della chemioterapia è l’aspecificità: questo vuol dire che, proprio per il suo meccanismo d’azione, colpisce tutte le cellule che si riproducono velocemente sia neoplastiche (effetto desiderato) sia normali (effetto indesiderato).

La terapia a bersaglio molecolare, invece, è mirata: ciò significa che la sua azione è specifica soltanto per il ‘bersaglio’ contro cui è diretta e che è presente soltanto nelle cellule tumorali. I Di conseguenza,  essendo colpite prevalentemente le cellule tumorali, sono più limitati gli effetti collaterali negativi ed indesiderati della chemioterapia, con notevole miglioramento della qualità della vita dei pazienti affetti da tumore.

Questo però non comporta che questa classe di farmaci bersaglio-specifici sia priva di effetti collaterali: possono comparire reazioni di tipo allergico e manifestazioni cutanee ma, in linea di massima, il trattamento è meglio tollerato.

Occorre tuttavia precisare che la comparsa degli effetti collaterali spesso dipende dal dosaggio della terapia e varia da individuo ad individuo. Gli effetti collaterali, anche se di minore intensità, quando si manifestano rimangono per tutta la durata del trattamento. Ad esempio, i chemioterapici possono indurre diarrea 5-10 giorni dopo la somministrazione; le terapie a bersaglio molecolare, se danno diarrea, la manifestano tutti i giorni. Pertanto, gli effetti collaterali cambiano, ma non vuol dire che siano minori.

In ogni modo le terapie a bersaglio molecolare rappresentano un importante passo avanti nella cura dei tumori e si prevede che avranno notevoli sviluppi in futuro.

Foto di Giandomenico Ricci con licenza CC BY-NC-ND 2.0.http://www.flickr.com/photos/giando/437450539/

Foto di Giandomenico Ricci con licenza CC BY-NC-ND 2.0.
http://www.flickr.com/photos/giando/437450539/

3. Il futuro

Le innovazioni in campo terapeutico oncologico riguardano sia la tradizionale categoria dei farmaci citotossici o chemioterapici, sia tutta una nuova categoria di farmaci detti ‘farmaci a bersaglio specifico’.

Sono in fase di sviluppo nuove classi di farmaci, derivate dalle molecole precedentemente note, ma con caratteristiche innovative. Ad esempio, si vanno sempre più sviluppando farmaci chemioterapici somministrabili per via orale. In generale, i nuovi chemioterapici sono caratterizzati, rispetto ai composti più tradizionali da cui derivano, da una maggiore attività, da una più bassa tossicità, o da entrambe queste caratteristiche.

La vera grande sfida terapeutica, comunque, è stata lanciata con lo sviluppo dei farmaci ‘a bersaglio specifico’. Questi nuovi farmaci, di recentissimo sviluppo, sono in grado di colpire specificamente le molecole che, funzionando in maniera anomala nelle cellule, ne inducono la trasformazione in cellule maligne. Tra i bersagli molecolari più rilevanti finora identificati vi sono:

  • recettori di fattori di crescita, che favoriscono sia l’accrescimento del tumore sia l’angiogenesi tumorale, cioè la formazione di nuovi vasi che portano nutrimento al tumore;
  • alcune proteine implicate nei meccanismi attraverso cui le cellule tumorali resistono alle terapie radianti e farmacologiche (es: bcl-2) o viceversa muoiono in seguito ad esse (apoptosi);
  • alcune proteine che trasportano all’interno della cellula messaggi di stimolo per la crescita tumorale, note come ‘protein-chinasi’.

I nuovi agenti antitumorali in grado di bloccare selettivamente i bersagli prima elencati hanno strutture e meccanismi di azione molto diversi. Vanno ricordati poi i vaccini antitumorali che stanno finalmente cominciando a conseguire i primi risultati, soprattutto per la terapia dei melanomi.

Tuttavia, questi nuovi farmaci non vanno considerati, almeno per il momento, come dei sostituti dei classici chemioterapici.

Sembra infatti che il massimo beneficio da parte di questi nuovi farmaci si ottenga proprio combinandoli con farmaci antitumorali convenzionali, con i quali spesso è stato dimostrato un potenziamento reciproco. Questo approccio combinato consente di ottenere un’attività antitumorale maggiore con dosi più basse e meno tossiche di farmaci. Tale vantaggio è ulteriormente accresciuto dalla possibilità dei nuovi farmaci di essere somministrati sottocute o per bocca per lunghi periodi, senza sostanziali effetti collaterali.

In conclusione, quindi, nell’immediato futuro, nuovi farmaci più selettivi, di facile somministrazione e ridotta tossicità, ci consentiranno di migliorare l’efficacia dei trattamenti antitumorali, integrandosi con le tradizionali terapie chirurgica, radiante e chemioterapica. E’ prevedibile, nel futuro prossimo, una rapida espansione dell’armamentario terapeutico a nostra disposizione, per combattere il cancro con strategie integrate e con armi sempre più selettive, sempre meno tossiche e, soprattutto, sempre più efficaci.

4. La questione cancro e le medicine alternative

Foto di Tanemori, con licenza Creative Commons Attribution 2.1 Japan.http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Potion_icon.jpg

Foto di Tanemori, con licenza Creative Commons Attribution 2.1 Japan.
http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Potion_icon.jpg

La medicina alternativa ha spesso proposto “trattamenti alternativi contro il cancro”, avanzando la pretesa che i propri rimedi fossero utili a curare il cancro, a volte dando vita a teorie del complotto che sostengono che la comunità scientifica ostacolerebbe le vere cure poiché meno costose, o per altri motivi. Altre volte, semplicemente, le medicine alternative e la pseudoscienza sostengono teorie non verificate sulla genesi stessa dei tumori, oltre che sui rimedi. Esempi della suddette terapie sono l’ipotesi detta “Il cancro è un fungo” (sostenuta da Tullio Simoncini, un ex medico radiato, che vede il tumore come un fungo che cresce in ambienti acidi e propone l’utilizzo di solo bicarbonato per la cura dei tumori), il metodo Di Bella, la nuova medicina germanica e la terapia contro il cancro proposta nell’omeopatia.

Tali terapie possono essere classificati sostanzialmente in tre gruppi: i trattamenti alternativi offerti come un sostituto per il trattamento medico standard; trattamenti alternativi come aggiunta al trattamento standard (le varie diete anticancro o l’Escoazul), e trattamenti proposti in passato ma ritenuti obsoleti, dannosi e inutili, che tuttavia godono ancora di alcuni sostenitori (come il Siero Bonifacio).

Come spiegato precedentemente, la chemioterapia causa effetti collaterali, talora anche importanti. Inoltre gli effetti della chemioterapia non sono subito visibili (come ad esempio nel caso delle chemioterapia adiuvante) o si associano comunque agli effetti della malattia (ad esempio nel caso della malattia metastatica, dove la chemioterapia rallenta il decorso ma non porta a guarigione). Questi effetti collaterali e l’incertezza del successo creano l’attrazione dell’opinione pubblica e dei pazienti per i trattamenti alternativi contro il cancro, con l’intento di causare meno effetti collaterali o la speranza (priva di riscontri) di aumentare i tassi di sopravvivenza, oltre che a causa di una sfiducia generalizzata verso la ricerca oncologica che, secondo i detrattori, non avrebbe fatto significativi passi negli ultimi quarant’anni, nonostante le ingenti somme stanziate dagli Stati, dalle industrie farmaceutiche e a quelle raccolte tramite la beneficenza.

I trattamenti alternativi al cancro non hanno in genere studi clinici riconosciuti, o i risultati non sono stati pubblicati a causa del rifiuto di pubblicare dati che mostrano che un trattamento non funziona. Tra coloro che sono stati pubblicati, la metodologia è spesso scarsa. Se gli studi esistono, come nel metodo Di Bella, essi sono commissionati ed effettuati dagli stessi sostenitori della terapia o condotti in maniera parziale e considerata inappropriata. (per approfondire)

Al 2006 la revisione sistematica di 214 articoli che coprono 198 sperimentazioni cliniche dei trattamenti alternativi al cancro ha concluso che quasi nessuno ha garantito un’utilità ai pazienti, a qualsiasi dose vengano somministrati i componenti. (leggi l’articolo) Questi tipi di trattamenti spesso appaiono e scompaiono rapidamente, a volte sono spinti da campagne popolari o giornalistiche verso sperimentazioni che non hanno successo, o verso condanne giudiziarie.

Letture consigliate

In ambito oncologico:

  1. Libretti AIMaC, collana del Girasole, consultabili on line gratuitamente all’indirizzo http://www.aimac.it/libretti.php (da cui è liberamente tratta parte del capitolo 2 di questo articolo)
  2. Storia recente della chemioterapia (articolo in inglese):http://cancerres.aacrjournals.org/content/68/21/8643.long

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