Come riconoscere l’antiscienza

Quelli che seguono sono alcuni segni caratteristici grazie ai quali è sempre possibile riconoscere il pensiero antiscientifico, anche quando si maschera da scientifico.

1)      La scienza pone enfasi sul metodo, l’antiscienza sul risultato.

La scienza, prima ancora di produrre cambiamenti tangibili nelle nostre vite, rappresenta un approccio intellettuale fatto di domande, problemi e metodi risolutivi. Per questo in un articolo scientifico interpretazioni e risultati sono posti sempre dopo che le conoscenze attuali, le domande poste e i metodi usati per rispondervi sono stati spiegati almeno a grandi linee. Chi cerca di bypassare del tutto (non di posporre, ma elidere, semplicemente) l’aspetto delle domande e dei metodi non sta facendo un’informazione scientifica corretta.

La scienza NON È assolutamente un semplice insieme di saperi incollati gli uni con gli altri, infatti una rivoluzione scientifica può spesso sconvolgere l’ordine dei saperi in nostro possesso, ma senza cambiare le fondamenta dell metodo scientifico. Non si critica il metodo guardando ai risultati, quella non è scienza; semmai si mette in questione la bontà di un risultato laddove sia lacunoso il metodo.

2)      La scienza non è tecnica, e non considera prioritario l’aspetto applicativo.

Questo non vuol dire che la scienza rifiuti le possibili applicazioni tecniche o non le ricerchi, ma significa che essa può muoversi perfettamente anche senza avere in vista un’applicazione. Poiché è semplice esplorazione del sapere, che vi sia uno scopo pratico immediatamente visibile per lo scienziato non è fondamentale. Chi pone questioni del tipo “qual è l’utilità di questa scoperta?” prima della scoperta in sé è forse un ottimo tecnico, un buon imprenditore, un grande medico. Ma difficilmente sarà un grande scienziato.

3)      La scienza rifiuta il principio di autorità.

Nulla è considerato vero perché “così sta scritto su X”, “così ha detto Y”, nella scienza. L’unica autorità sono i dati sperimentali, nemmeno lo scienziato stesso può considerare se stesso una “autorità” che gli altri non possono discutere. Certo, è consigliabile che prima di mettere in discussione il parere di uno scienziato si siano fatti i compiti per casa … Ma sicuramente è possibile farlo. Non tutti sono scienziati, ma in chiunque può nascondersi uno scienziato. Tanto più che al giorno d’oggi grazie alla rete i dati scientifici possono essere reperiti in modo rapido e gratuito da chiunque. Come regola generale, nella scienza, secondo la lezione platonica, non conta mai “chi” sta dicendo, ma “cosa” si sta dicendo.

4)      La scienza non ama le certezze assolute.

Una delle accuse più frequenti fatte agli scienziati è quella di essere troppo sicuri di avere la verità in pugno, o simili. È anche la più assurda, perché una caratteristica propria della scienza, come scriveva Husserl,  è quella di strutturarsi come una continua verifica di ipotesi. Molti risultati scientifici (potremmo spingerci a dire “tutti”, ma per ora limitiamoci a “molti”) hanno la caratteristica di essere asserzioni di tipo probabilistico, e comunque ammettono sempre la possibilità di un’osservazione o un esperimento ulteriori che confutino quanto finora si è rivelato. Non c’è cautela più grande di quella dello scienziato che cerchi di validare i risultati del proprio lavoro.

Questo, ovviamente, non si spinge fino allo scetticismo ridicolo di chi vorrebbe negare le evidenze più palesi; il dubbio è fondamentale per lo scienziato, ma è un dubbio ragionevole, non iperbolico.

5)      La scienza non è un’opinione.

Come si accennava più sopra, una cosa è dire che tutte le opinioni meritano di essere ascoltate, un’altra è dire che sono tutte valide. La scienza può valutare tutte le posizioni e le idee, ma non può dare a tutte lo stesso valore di verità; anche perché equivarrebbe a non darne a nessuna.

Rovesciando quanto detto finora otteniamo un’insieme di caratteristiche che permettono di distinguere a colpo sicuro il pensiero antiscientifico:

1)      L’antiscienza serve i risultati su un piatto d’argento, dimenticando completamente i metodi utilizzati per conseguirli.

ESEMPI:

Il campione di questo tipo di tattica è Marco Mamone Capria, sedicente epistemologo secondo il quale, come riportano anche i suoi siti e pagine facebook amici e fan, nella ricerca di base

“Su 25000 studi solo 1 (lo 0.004%) è risultato utile all’uomo”

 

(Ovviamente per “utile” si intende che avrebbe risvolti clinicamente e immediatamente applicabili, perché ricordiamo che vien qui tagliata fuori tutta quella forma di utilità che deriva dalla soddisfazione di curiosità teoretiche). L’enfasi viene posta dunque sul risultato, trascurando completamente come ci si arriva, ovvero dimenticando che un solo risultato clinicamente applicabile tipicamente affonda le radici in una storia costituita da anche più di 25000 esperimenti “antenati”, ed è così per tutti i risultati di natura tecnica, non solo in medicina ma anche in fisica o matematica (d’altro canto se seguissimo questo ragionamento basato sui risultati immediati sarebbero proprio scienze come la matematica o l’astronomia le prime a estinguersi).

L’approccio utilizzato è invece una sterile e sciocca conta numerica dei risultati e degli esperimenti, che ha forse il carisma della (cattiva) statistica e dei numeri, ma nasconde dietro le cifre sparate qui e là un’analisi storica di livello dilettantesco, per non dire infantile.

2)      L’antiscienza vive esclusivamente per la tecnica, e considera irrilevante qualsiasi sapere che non abbia implicazioni dirette e immediate nel controllo della natura o, peggio ancora, che possa avere implicazioni sul nostro modo di vedere la filosofia e la morale.

ESEMPI:

“We believe that although animal experiments are sometimes intellectually seductive, they are poorly suited to addressing the urgent health problems of our era, such as heart disease, cancer, stroke, AIDS and birth defects.”

 

Questa OPINIONE “we belive that…” ha trovato spazio addirittura si Scientific American (e, come da punto 3, resta comunque una pura e semplice opinione priva di qualsiasi autorità o dati seri a supporto). Oltre ad essere un punto di vista assolutamente discutibile, mette da parte tutto quel genere di conoscenze fini in se stesse che la ricerca di base, sia che sia fatta su animali che su umani, garantisce, e senza la quale non si fa nessuna ricerca clinica. Se non fai un esperimento che, su due piedi, risolva il problema tecnico/medico, allora hai fatto qualcosa di inutile. Questo è tipico pensiero antiscientifico.

L’aspetto suicida di questo pensiero è il fatto che in effetti gli “antivivisezionisti” pretendono di usare scoperte sicentifiche, come il fatto che gli animali provino dolore, PER MODIFICARE LA NOSTRA FILOSOFIA E LA NOSTRA MORALE, e dunque minano la credibilità stessa della propria visione della scienza come “tecnica” che deve avere risultati pratici e misurabili. Evidentemente, per loro la scienza ha avuto anche fondamentali ripercussioni sulla visione del mondo, sulla morale, sul comportamento, e vorrebbero che ne avesse anche sulla legge. Un sacco di belle cose teoriche che non hanno nessuna utilità “pratica” come la intendono loro.

3)      L’antiscienza riporta continuamente pareri di “autorità” (vere o più spesso presunte) nel campo, e non accetta che esse siano messe in discussione. “Chi” sta parlando diventa un dato rilevante e addirittura più importante dei dati.

ESEMPI:

In risposta all’obiezione che la sperimentazione animale non è un “metodo” o un “test” specifico, ma include migliaia di test e metodi di ricerca con scopi e utilità tutti diversi ed applicabili in determinati ambiti, e dunque non ha senso parlare di “validazione della sperimentazione animale”, si risponde citando l’opinipone di un tale Balls e argomentando, con ironia grossolana (prima di bannare i “commenti idioti”), che:

“Infatti si sa che Balls è un imbecille, in fondo ha solo più di 120 pubblicazioni scientifiche”

Costoro pensano dunque che l’avere centinaia di pubblicazioni faccia di te un’autorità scientifica i cui pareri, perfino quelli che non riguardano affatto il tuo campo di expertise, non devono essere messi in discussione. In realtà, se i dati non supportano effettivamente quell’opinione, allora possiamo anche essere imbianchini con la licenza media, ma se non siamo scemi dobbiamo concludere che Balls, chiunque sia, ha scritto una cazzata (e infatti). Non è esagerato dire che la scienza, così come non è una democrazia per alzata di mano, non è neanche un’oligarchia basata sulle pubblicazioni. Se vogliamo, è piuttosto un “assolutismo dei fatti”.

4)      L’antiscienza riporta i propri risultati come se fossero verità eterne, assolute e senza sfumature, non soggette a dubbio o revisione e senza aspetti probabilistici.

ESEMPI:

“Pochi negano che i modelli animali possano funzionare come “macchine euristiche”, fonti cioè di ipotesi di lavoro e di inferenze “deboli” (se nei maiali il fegato ha funzioni di metabolizzazione degli xenobiotici, è probabile che svolga una funzione molto simile anche nell’uomo), mentre si mette in forte dubbio che funzionino come analoghi causali (dato che i maiali metabolizzano il composto X attraverso il percorso metabolico Y, allora lo stesso avviene nell’uomo).”

Qui viene presentata la scienza come una disciplina che distribuisce certezze matematiche, e le “inferenze deboli” vengono sottilmente messe in secondo piano, laddove invece il progresso scientifico si basa principalmente su questo tipo di deduzioni ed ipotesi, che vengono via via affinate e verificate prima di trarre una conclusione definitiva.

Allo stesso modo, Stefano Cagno pone come obiezione ai test farmacologici preclinici il fatto che dopo averli svolti sia comunque necessario svolgere test anche sull’uomo.

Il concetto dietro il test su animale è di ottenere dei dati probabilistici che consentano di operare con una certa sicurezza sull’uomo, non di tirar fuori un dato definitivo ed indubitabile. L’idea di scienza di Cagno è evidentemente quella di un distributore automatico di certezze, che non ammette la possibilità di conclusioni di natura probabilistica o provvisoria; dunque è qualcosa di molto più simile alla religione che alla scienza.

Più in generale, quando si dice, come si fa abitualmente sui siti animalisti, che “la vivisezione non solo è immorale, ma è inutile e dannosa”, si dà un quadro della realtà assolutamente bianco e nero, in cui guarda caso non solo è brutta, ma è anche immorale, è anche inutile, è amche dannosa. Perfino l’omicidio e la guerra possono avere un’utilità per chi li pratica, e l’affermazione che un uso che sta sostamzialmente alla base della medicina e delle scienze dela vita possa essere un tale concentrato di mostruosità inumane da far impallidire la Shoah dovrebbe quanto meno insospettire. Ma nell’antiscienza le sfumature, che rischiano di alimentare il pensiero critico, non sono ammesse.

5)      L’antiscienza attribuisce valore di verità alle opinioni sulla base dell’arbitrio personale.

ESEMPI:

questa diapositiva:

Il fatto che la Penco sia biologa di professione viene considerato sufficiente per costituire una fonte autoritativa (punto 3). Non solo, la sua è solo un’opinione di MINORANZA, che non incontra il consenso della comunità scientifica e la vede isolata perfino nello stesso dipartimento in cui lavora. Ciò nonostante le si attribuisce un valore spropositato, e viene addirittura messa alla pari di quanto afferma la quasi totalità della comunità scientifica (o per quanto mi riguarda, la totalità; non considero scienziato uno che pensi di poter studiare biologia animale senza usare animali), e senza fare le dovute valutazioni di merito. Semplicementem tutte le opinioni, soltanto in quantoesistono, sono ritenute dello stesso valore.

[Alberto]

Potrebbero interessarti anche...