Mi potete commentare questo scritto del Dott. Cagno?
Una nostra lettrice, Marzia, ci porta ad esempio l’ennesimo scritto del Dott. Cagno e ci chiede di commentarlo. L’articolo di cui parliamo è questo:
http://www.novivisezione.org/info/farmaci.htm
Come sempre il Dott. Cagno ha una certa passione per il tono drammatico che, purtroppo, si associa a degli errori interpretativi piuttosto evidenti. Vediamo con ordine:
sono andato a vedere i dati riguardanti la tossicologia e come al solito ho trovato i risultati ottenuti con l’LD50. E’ utile ricordare che questo test risale al 1927 e consiste nel somministrare ad alcuni animali una certa dose della sostanza in fase di sperimentazione, fino a trovare la dose in grado di uccidere il 50% degli animali trattati. I risultati riguardanti questa nuova molecola sono i soliti: “La tossicologia acuta dell’oxcarbazepina e dell’MHD [1] nell’animale da laboratorio è stata dimostrata essere bassa. Dopo una singola dose orale dei due componenti, la LD50 variava tra 1240 mg/kg e più di 6000 mg/kg in funzione della specie studiata: topo, ratto, hamster cinese”.Vale sempre la pena di osservare che tra il valore più basso e quello più alto vi è una differenza di sei volte e che le specie impiegate sono tutte e tre roditori e quindi, teoricamente, dovrebbero comportarsi in maniera abbastanza simile. Tutto ciò dimostra che non sono paragonabili, da un punto di vista biologico, nemmeno specie tra loro affini
Evidentemente al Dott. Cagno sfugge il concetto che sta dietro al test di LD50 e fa un errore grossolano: cerca di traslare i dati dall’animale all’uomo sic et simpliciter. Cosa che nessuno si sognerebbe mai di fare (a parte il Dott. Cagno e qualche altro suo collega a digiuno di farmacologia). Lo scopo del test sull’animale è di ottenere un range di tossicità, dal quale scendere (spesso di un fattore 100) per iniziare a testare nell’uomo con una ragionevole sicurezza.
Cerchiamo di spiegarlo in maniera semplice. Abbiamo un farmaco e vogliamo capire quale sia la dose massima che possiamo utilizzare nell’uomo con sicurezza. Come possiamo fare? Uno potrebbe dire: testiamolo nell’uomo!
Certo, si potrebbe fare, ma avremmo due problemi:
1) servirebbero molte persone
2) una certa percentuale di queste persone morirebbero
Morirebbero oppure avrebbero gravi effetti collaterali perché lo scopo è proprio di provare il dosaggio massimo che posso utilizzare. E quindi devo provare dosaggi alti. La variabilità interspecifica esiste, lo sappiamo, ma è per questo che si fanno i test e poi si applica un fattore di diluizione.
Vediamo di capirci meglio. Il dosaggio tossico che uccide la metà delle cavie impiegate, nel caso dell’oxcarbazepina (un farmaco antiepilettico) è stato, come detto, di 1240-6000 mg/Kg. A cosa traslerebbe il tutto, in un uomo di 70 Kg? ad un dosaggio compreso tra i 86.800 ed i 420.000 mg/die. Si, avete letto bene. Tra gli 86g ed i 420g: cioè all’incirca tra un etto e mezzo chilo di farmaco al giorno. Il dosaggio massimo impiegato di routine nell’uomo è di 3000 mg. l’assunzione massima registrata in caso di sovradosaggio è stata di 24.000 mg/die e non ha avuto effetti collaterali letali (1).Come si può vedere, il dato registrato in caso di tentati suicidi per iperingestione, conferma il dato ottenuto dall’animale, che mette la tossicità a valori non inferiori a 86g/die.
Proseguendo nella lettura della scheda tecnica si legge: “Non sono stati inoltre ritrovati effetti teratogeni nel topo e nel coniglio. In uno dei due studi condotti nel ratto, oxcarbamazepina, a dosaggi giornalieri pari a 300 mg/kg e 1000 mg/kg, ha causato effetti teratogeni correlati alla dose”. Anche in questo caso si conferma la teoria, ormai ampiamente dimostrata, che cambiando la specie animale cambiano anche i risultati. Così oxcarbamazepina risulta teratogena in una specie, ratto, ma non nelle altre due, coniglio e topo. Importante sottolineare un altro aspetto: solo in una ricerca su due nei ratti il farmaco si è dimostrato teratogeno. Ciò dimostra che non solo cambiando la specie, variano i risultati, ma basta semplicemente cambiare il ceppo per ottenere effetti significativamente diversi.
Ancora una volta il dott. Cagno dimostra di non aver compreso appieno il motivo per cui si eseguono i test di teratogenesi. Lo scopo, come espresso da Karnofsky (che di solito viene citato a sproposito) “non è di eliminare dall’uso clinico un farmaco che dimostri proprietà teratogene, ma piuttosto di stimare il rischio che il suo utilizzo presenta sul feto umano”(2).
E se volessimo testare sull’uomo? A parte l’impossibilità etica di tale tipo di sperimentazione (sulla quale voglio sperare che anche il Dott. Cagno converrebbe) anche se volessimo testare sull’uomo, con un intervallo di confidenza del 95%, un farmaco che produce malformazioni nell’1% dei casi, il campione che dovremmo avere sarebbe di circa 35.000 pazienti consecutivi (3). Campione che porterebbe alla nascita di circa 350 bambini malformati. Direi che dovrebbe essere chiaro a tutti il perchè una cosa del genere non sia realizzabile e occorra, invece, farlo nell’animale.
Ma continuiamo:
Le affermazioni più interessanti però devono ancora venire. Nel paragrafo riguardante la gravidanza e l’allattamento si legge:
“Uno studio tossicologico condotto nel topo da Bennet e al. (1996) ha messo in evidenza che la somministrazione per via orale di oxcarbamazepina alla dose di 1100 mg/kg (dose massima tollerata) dal 6° al 18° giorno di gestazione ha indotto un’incidenza di malformazioni dell’8% contro il 5% osservato nel gruppo dei controlli. Tale differenza non ha raggiunto la significatività statistica, (p > 0.05) ma, pur tenendo conto delle differenze nel trasporli alla gravidanza umana, questi dati suggeriscono di utilizzare il farmaco in gravidanza soltanto se strettamente necessario”.
Successivamente compaiono le solite due affermazioni, ormai comuni a tutte le schede tecniche dei nuovi farmaci:
“Non vi sono dati per stabilire la sicurezza di oxcarbazepina nella gravidanza umana Analogamente, non ci sono dati per stabilire la sicurezza di oxcarbazepina durante l’allattamento. Non si può escludere la possibilità di effetti collaterali nel bambino”.
Ma allora cosa hanno sperimentato sugli animali, se poi ammettono per iscritto che i dati che hanno ottenuto non sono trasportabili al genere umano?
Ripetiamo ancora una volta (ma, devo dire, mi aspetterei che un medico sappia leggere e valutare una scheda tecnica in maniera corretta, dato che sulla valutazione della suddetta scheda si deve basare la scelta di utilizzare o meno un farmaco in una paziente gravida): lo scopo dei test è di permettere una valutazione del rischio.
Facciamo un esempio. Abbiamo una paziente gravida che ha bisogno disperato di un farmaco (come nel caso in esame, un antiepilettico). Non abbiamo dati nell’uomo giacché, giustamente, non si possono eseguire trial clinici su pazienti gravide. Come fate a decidere se dare il farmaco X oppure il farmaco Y? Perché, ricordiamolo, uno dei due farmaci lo dobbiamo dare: cosa facciamo? tiriamo una monetina per scegliere e accendiamo un cero, nella speranza che vada bene? Non possiamo, obiettivamente, fare altro.
Supponiamo adesso che i dati sull’animale ci dicano che il farmaco X è risultato teratogeno, anche a bassi dosaggi, su topo e coniglio, mentre il farmaco Y è risultato teratogeno solo in uno studio su ratto, alla massima dose tollerata. Voi, alla luce di questi dati, che farmaco somministrereste alla nostra paziente gravida? Anche in questo caso, direi che è lampante capire l’utilità dei test che sono stati eseguiti, al fine di permettere una valutazione del rischio potenziale. Per cui la frase
affermare che non esistono dati sulla sicurezza nella gravidanza equivale ad affermare che le ricerche sugli animali non servono a nulla, come dicono sempre gli antivivisezionisti
denota, ancora una volta, un errore di fondo nella valutazione delle finalità degli esperimenti di tossicologia: come abbiamo dimostrato sopra, l’utilità della sperimentazione su animali gravidi è manifesta. L’unica volta che non è stata fatta (il caso della talidomide, che non fu sperimentata su animali gravidi) il risultato sono stati 10.000 bambini con malformazioni. Il Dott. Cagno suggerisce forse di fare la stessa cosa?
La fase successiva, invece, denota un’ignoranza di fondo dei più basilari elementi di statistica. Il Dott. Cagno, infatti, scrive
Da osservare infine il tentativo dialettico di giustificare l’aumento delle malformazioni congenite nei topi, affermando che non è statisticamente significativo, essendo passato dal 5% al 8%. Se questo dato, per caso, dovesse essere confermato anche negli esseri umani, cosa potremmo dire a quel 3 % di madri che avranno un figlio malformato a causa del farmaco che hanno assunto: “Signora, ci spiace, ma è caduta proprio in quel 3% non significativo di malformazioni?”
Il fatto che un dato non sia significativo non è un “artificio dialettico”, ma una definizione matematica molto precisa e stringente, come abbiamo avuto occasione di spiegare in un’altra nota (4). Non saperlo è inaccettabile per chiunque si occupi di scienza, ma lo è ancora di più se questa persona ha la pretesa di “contestare” le attuali procedure farmacologiche.
La stessa ignoranza della più elementare statistica si osserva nel paragrafo successivo, che commenta i dati di pre-sicurezza. Il Dott. Cagno scrive:
Cosa vuol dire “sembrerebbe essere specie-specifico”? Perché l’uso del condizionale? Dopo una sperimentazione che poggia su basi scientifiche si può dire “è specie-specifico” oppure “non è specie-specifico”. Se però uso il condizionale vuole dire che dalla sperimentazione non ho ricavato dati attendibili. Se poi ipotizzo un diverso comportamento tra gli animali e gli esseri umani, vuole dire che dopo gli animali ho sperimentato anche sugli esseri umani e mi sono accorto che questi reagiscono in maniera differente.
Ancora una volta al Dott. Cagno sfugge il concetto di significatività statistica. Se un dato è significativo, ma non si dispongono di altri studi di controllo oppure il campione non è numerosissimo, è obbligatorio definire il dato con il condizionale, perchè potrebbe comunque essere dovuto ad una variazione casuale (nel 5% dei casi i dati possono cadere oltre le due deviazioni standard). Il che è maggiormente vero se il meccanismo d’azione con cui si sviluppa il problema registrato è dovuto ad un pathway enzimatico tipico del roditore e non dell’uomo. Non si può ovviamente escludere l’azione nell’uomo, dato che mancano i dati di farmacovigilanza, che però richiedono campioni molto ampi. Inoltre, nel caso specifico, lo sviluppo di tumori nel ratto si sviluppava dopo l’utilizzo del farmaco per due anni continuativi. Due anni continuativi nel ratto equivalgono a “tutta la vita” nell’uomo. Come dovrebbe essere chiaro anche al Dott. Cagno, non si può testare un farmaco sull’uomo per periodi così lunghi. Questi sono dati che si raccoglieranno dopo la commercializzazione, proprio perché servono anni (decine) di trattamento continuativo, su campioni molto ampi.
Il Dott. Cagno continua:
quando negli animali non si verificano effetti collaterali, i vivisettori affermano che si può stare sicuri. Quando i farmaci nelle ricerche sugli animali manifestano effetti collaterali seri, i vivisettori dicono che non bisogna preoccuparsi perché il metabolismo degli animali è differente rispetto a quello degli esseri umani.
Anche qua: statistica basilare: significatività del dato, questa sconosciuta. Lo so, a chiunque si occupi anche marginalmente di queste cose la frase appare insensata, ma ricordiamo che per il Dott. Cagno la significatività di un dato è un artificio dialettico… La differenza nella via metabolica di un farmaco non deriva da “ipotesi” ma da esperimenti eseguiti. Il fatto che una via metabolica non sembri essere presente nell’uomo non permette di escludere del tutto la sua esistenza. E’ infatti possibile dimostrare la presenza di qualcosa, non l’assenza della stessa.
Ma allora cosa serve la vivisezione, se in ogni caso, anche quando si sono dimostrate rischiose negli animali, le sostanze in fase sperimentale vengono comunque somministrate anche agli esseri umani?
La frase è scorretta: la normativa non permette, infatti, di sperimentare sull’uomo le molecole che si siano dimostrate tossiche in maniera importante sull’animale. Nel caso in esame, nonostante gli “artifici dialettici” utilizzati dal Dott. Cagno per supportare la sua tesi (questi si che si possono definire tali, dato che contrastano in maniera evidente con la lettura obiettiva della scheda tecnica della oxcarbazepina), la molecola si dimostra sostanzialmente ben tollerata in gravidanza nell’animale, come chiaramente leggibile nella scheda tecnica, con tossicità riscontrate solo ad altissimi dosaggi.
Questa sostanziale profilo di sicurezza dell’utilizzo in gravidanza e allattamento appare confermato da una recentissima review (5), a ulteriore supporto dei dati ottenuti in preclinica sull’animale.
Viene veramente da chiedersi come qualcuno possa permettersi di criticare le attuali metodologie farmacologiche, condivise da tutta la comunità scientifica internazionale, se dimostra evidenti difficoltà a interpretare correttamente una scheda tecnica (anche relativamente semplice) come quella presa in esame.
Dott. Dario Padovan
Bibliografia
1) Scheda tecnica della oxcarbazepina – http://www.torrinomedica.it/farmaci/schedetecniche/TOLEP_compresse_divisibili.asp
2) Karnofsky DA – DRUGS AS TERATOGENS IN ANIMALS AND MAN – Annu Rev Pharmacol. 1965;10:447-72. Citato su Schardein JL – Drugs as teratogens – CRC press, 1975.
3) Ellenhorn MJ – THE FOOD AND DRUG ADMINISTRATION AND THE PREVENTION OF DRUG EMBRYOPATHY – J New Drugs. 1964 Jan-Feb;45:12-20. Citato su Schardein JL – Drugs as teratogens – CRC press, 1975.
4) Cosa vuol dire che un dato è (o non è) significativo? – http://www.pro-test.it/blog/2012/novembre/07/cosa-vuol-dire–significativo
5) Reimers A, Brodtkorb E – Second-generation antiepileptic drugs and pregnancy: a guide for clinicians – Expert Rev Neurother. 2012 Jun;12(6):707-17.