Cosa diceva la vecchia legge italiana sulla sperimentazione animale?

Questo articolo vuole essere esplicativo nei confronti della normativa attualmente vigente in Italia in materia di sperimentazione animale, ed esprimere in maniera semplice i punti salienti, commentandoli in maniera in modo che siano comprensibili a tutti.

In questo articolo l’argomento della sperimentazione animale verrà affrontato dal punto di vista normativo, non bio-etico.

Esiste un riferimento normativo principale, il Decreto Legislativo 116 del 1992, che recepisce la Direttiva Comunitaria 86/609/CEE del 1986 (una normativa per essere applicata impiega dai 5 ai 10 anni). Quindi è in vigore  una normativa con una ratio che appartiene alla fine degli anni ‘70, questo per dire che ci sono alcuni buchi ed incongruenze dell’impianto normativo.

Questa Direttiva è stata poi sostituita dalla Direttiva 2010/63/UE. che sarebbe attualmente è in fase di recepimento anche in Italia… tra un paio d’anni verrà applicata.

Un altro elemento che merita la nostra attenzione è che in Italia esiste fin dal ’93 la legge 413 che consente di dichiarare l’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale, e questo non vale solo per chi lavora nel settore (quindi per chi è assunto presso pubblica amministrazione e imprese private) ma anche per gli studenti. Qualora ci fossero corsi in cui è necessaria la sperimentazione è possibile porre l’obiezione di coscienza. Chiaramente l’obiezione alla sperimentazione animale non vale per le attività cliniche.

il d. Lgs 116/92 comprende due allegati:

  • Allegato 1: è l’elenco degli animali da esperimento. Tra le specie elencate abbiamo: topo, ratto, coniglio, cavia, quaglia, cane, gatto, primati non umani.
  • Allegato 2: linee di indirizzo per la sistemazione e la tutela degli animali.

Le linee di indirizzo dell’Allegato 2 non hanno un carattere vincolante, tuttavia sono state recentemente adeguate alla realtà dei tempi, sia dalla nuova Direttiva 2010/63/UE che da una precedente raccomandazione da parte del Parlamento Europeo, quindi questo secondo allegato lo possiamo ritenere superato.

Importante è capire la ratio della norma, cioè il perché, e qual è il bene tutelato. Il bene tutelato dovrebbe essere l’animale, la ratio invece è considerare la sperimentazione animale come un fatto eccezionale, non come l’approccio ordinario. La sperimentazione animale è un approccio al quale si arriva solo dopo avere esaurito le altre strade o avere soddisfatto determinate questioni poste dalla norma stessa, quindi si parla di eccezionalità di ricorso ad animali da sperimentazione; praticamente la norma regola la possibilità di deroga alla tutela del benessere animale. Chiaramente sperimentazione e benessere animale sono concetti che cozzano, e che hanno numerosi punti di attrito.

Il concetto base è che tutto l’impianto normativo si basa sul regime di autocontrollo: vuol dire che il sistema di base si fida degli attori, ma comunque la responsabilità giuridica fa capo al ricercatore, che è completamente responsabile dal punto di vista civile, penale ed amministrativo.

La normativa attuale, ricordiamo, pone l’utilizzo di animali da sperimentazione come un evento eccezionale, il che significa che:

  • la sperimentazione si fa solo in determinati ambienti, che devono essere adeguati;
  • bisogna impiegare sempre l’anestesia generale quando si fa la sperimentazione;
  • bisogna usare un basso numero di animali quando si sperimenta, anche ricorrendo alle metodologie erroneamente dette “alternative” (e, in realtà, complementari);
  • se è assolutamente necessario fare un esperimento su animali vivi, oltre ad usarne il numero più basso possibile (bisognerà poi precisare cosa vuol dire “numero più basso possibile”) bisogna ricorrere agli animali con più basso sviluppo neurologico .
  • gli animali non possono essere usati più di una volta per gli esperimenti (nella nuova Direttiva questo punto è particolarmente rilevante, infatti in essa è previsto il riutilizzo, cosa che ha un impatto notevolissimo sulla ricerca);
  • gli animali non possono essere usati a scopo didattico, qualsiasi eccezione è in deroga; anche qui è necessaria l’autorizzazione dal Ministero della Salute;

Si può ricorrere alle deroghe solo in casi di motivata e seria eccezionalità. Per derogare ad una delle regole di base, ad esempio per non praticare l’anestesia, ci vuole un’autorizzazione apposita dal Ministero Della Salute, che prepara un decreto apposito: non è un iter amministrativo breve.

Nel 1959 Russell e Burch hanno definito alla fine degli anni ’50 un principio oggi importantissimo, il principio delle 3R:

  • Replacement
  • Reduction
  • Refinement

Il principio delle 3 R è l’approccio che deve essere adottato quando si parla di sperimentazione animale.

  • Replacement: Innanzitutto si deve cercare di sostituire l’impiego dell’animale con altre procedure ogni qual volta sia possibile; chi propone la ricerca deve sostanzialmente dimostrare che non esistono metodi alternativi di validità pari alla sperimentazione animale. La tendenza della comunità scientifica è quella di promuovere il replacement;
  • Reduction: si deve usare il minore numero di animali possibile, e le istituzioni devono assicurarsi che il numero di animali impiegati sia in continua diminuzione;
  • Refinement: forse è la parte più semplice da realizzare: riduzione dell’incidenza, della severità e della portata delle procedure dolorose e angoscianti sugli animali;

Questo principio è di assoluta attualità.

Cosa si intende per esperimento?

Dall’ambito sperimentale vengono escluse tutte le pratiche cliniche e zootecniche che non sono considerabili sperimentali ma “soltanto” pratiche comuni della zootecnia e della clinica veterinaria, nonché i metodi di abbattimento degli animali per macellazione o per cause di polizia veterinaria. Quindi la definizione di esperimento non c’entra nulla con la quantità di dolore ed angoscia che si procura all’animale. Ci saranno esperimenti non dolorosi, esperimenti mediamente dolorosi o angoscianti, esperimenti molto dolorosi. Quindi sono tutti esperimenti, anche quelli che non causano sofferenza agli animali.

Persino uno studio osservazionale su un animale,  secondo la logica che vi sto illustrando, rientra nell’ambito di sperimentazione animale. Si tratta di un esperimento vero e proprio anche se tecnicamente l’animale non viene nemmeno sfiorato. Non è il dolore che “fa” l’esperimento, ma l’atteggiamento del ricercatore che si pone un’ipotesi sperimentale, ed un metodo con il quale la vuole verificare.

Secondo esempio: se provo la glicemia ad un cane si può considerare esperimento? Sì.

Quali animali si possono usare?

Negli esperimenti si possono usare tutte le specie animali: perché per animale si intende qualsiasi vertebrato vivo non umano.

secondo la normativa:

«animale», non altrimenti specificato: qualsiasi vertebrato vivo non

umano, ivi comprese le forme larvali autonome e/o capaci di riprodursi,

ad esclusione di altre forme fetali o embrionali;

Si possono utilizzare tutti i vertebrati.

Nella nuova direttiva europea, in seguito alle nuove scoperte scientifiche, questa definizione è stata modificata: sono stati inclusi degli invertebrati, es Cefalopodi, perché è stato dimostrato scientificamente che questi animali posseggono un sistema nervoso sviluppatissimo e sono in grado di provare dolore anche in grande misura, a differenza di altre specie.

La norma fa differenze di specie: i cani, i gatti e i primati sono molto tutelati. Per usare un cane, un gatto o una scimmia bisogna chiedere una deroga. La norma risente di un atteggiamento antropocentrico, perché non v’è ragione che un cane sia più tutelato rispetto ad un cavallo o un coniglio.

Non tutte le specie possono essere utilizzate allo  stesso modo: bisogna scegliere la specie animale che rappresenta il modello più valido in funzione di quella specifica ricerca. Chi lo valuta? Il ricercatore dichiarerà che quella specie è più idonea al suo esperimento.

Nell’ambito di più specie animali, bisogna usare quella a più basso sviluppo neurologico. Teniamo conto che la legge è stata fatta in base alla mentalità degli anni ’70. Parlare attualmente di scala di sviluppo neurologico è superato. Dalla fine degli anni ’70 è passato un po’ di tempo e la mentalità e le conoscenze sono cambiate.

Chi può fare sperimentazione animale?

Solo le persone che sono dotate di un determinato titolo di studio su queste materie.

Importante è ricordarci che le figure cardine sono lo sperimentatore ed il medico veterinario: attorno a queste figure gravita la ricerca, perché lo sperimentatore propone e segue la ricerca, mentre il medico veterinario ha un ruolo essenziale ed obbligatorio per legge.

Dove si può fare la sperimentazione?

Solo in locali appositamente autorizzati. Non si può fare ovunque.

Ha un duplice significato regolamentare i luoghi dove si fa ricerca:

  1. quello scientifico: fare in modo che le ricerche si effettuino in luoghi che garantiscono salute e benessere degli animali nonché degli sperimentatori. Tenere inoltre ridotti al minimo tutti i fattori esterni che potrebbero influire o incidere sul risultato della ricerca e inficiarne l’esito. Se avessi interferenze non previste durante il mio esperimento dovrei ripetere la ricerca e aumentare il numero degli animali.
  2. quello amministrativo: se si rende obbligatorio fare la sperimentazione in locali autorizzati il sistema può essere tenuto sotto controllo nel migliore dei modi. Ad esempio in ogni stabulario si deve avere registro di carico e scarico.

Sono ammesse delle ricerche fuori dagli stabulari: le cosiddette prove in campo vengono fatte in stalla quando si parla di animali da reddito. Pensate ad una prova di efficacia di un vaccino sul pollame per esempio, o anche alle prove di alimentazione. Stabulari o stabilimenti utilizzatori sono quelle strutture dove principalmente si deve svolgere la sperimentazione animale. Queste strutture devono rispondere a requisiti igienico-sanitari, gestionali di personale addetto che deve avere competenze comprovate.

Gli animali definiti dall’allegato 1 non possono essere prelevati dall’ambiente ma possono essere usati solo se provengono da allevamento o fornitore. Stabilimento da allevamento: ci sono gli animali destinati alla sperimentazione, Green Hill è l’unico stabilimento da allevamento di cani in Italia. Se verrà fatto chiudere, i laboratori di sperimentazione italiani si limiteranno a comprare i cani dalla Croazia, la ricerca non si fermerà. I cani in sostanza saranno acquistati là dove i controlli sono meno rigidi che in Italia.

È importante sottolineare che in Italia è vietato il ricorso ad animali randagi!!! Non si possono fare prove su animali randagi, a differenza di quello che vogliono far credere alcune campagne animaliste.

Pensate se si potessero fare prove su randagi, ad esempio per verificare l’efficacia di un certo collare antipulci sui cani di un canile. A fronte della possibilità di testare un collare antipulci si offrirebbe a quegli animali un reale beneficio sanitario. Ma questo non si può fare in Italia. Perché in Italia si ritiene erroneamente che i cani del canile verrebbero usati per fare altre prove, quelle propagandate dalla campagna antivivisezionista.

A che condizioni si può usare un animale?

Si può utilizzare un animale soltanto quando per ottenere un risultato ricercato non è possibile usare un altro metodo scientificamente valido, ragionevolmente e praticamente applicabile e che non implichi impiego di animali.

Tutti questi punti non solo devono essere dichiarati, ma devono essere dimostrati, il comitato etico li valuterà scrupolosamente: esso è composto da gente dello stesso livello di preparazione del ricercatore in modo da poter valutare con la massima competenza possibile la richiesta di quest’ultimo.

Esiste il Centro Europeo dei Metodi Alternativi (ECVAM), che ha sede ad Ispra, in provincia di Varese, dove si validano i metodi alternativi. I risultati di questo Centro hanno valenza ufficiale e ad esso si rivolgono i ricercatori per ogni finalità riguardante la sperimentazione sui cosiddetti metodi alternativi.

Queste sono le condizioni per fare la sperimentazione, tutto ciò deve comparire nel modulo che il ricercatore deve compilare ed inviare al Ministero della Salute, ASL, Regione, Prefettura e Comune ed infine inviarne copia al Comitato Etico che esprimerà un parere vincolante ed obbligatorio. L’autocontrollo quindi è solo la prima parte di un iter che in realtà prevede vari e diversi livelli di sorveglianza.

Riassumendo: Il ricercatore deve dichiarare:

  1. che non esistono metodi alternativi per effettuare quella prova;
  2. che deve per forza usare quella specie;
  3. che è la specie a più basso sviluppo neurologico;
  4. che adotterà la metodica che richiede un minore numero di animali;
  5. che utilizzerà la metodica meno dolorosa e angosciante;
  6. che utilizzerà la metodica che offre la maggiore quantità di risultati;
  7. che verrò utilizzata l’anestesia (a meno che non sia incompatibile con l’esperimento stesso, e come già detto in questo caso sarà necessaria una deroga… oppure a meno che non serva anestesia in caso questa sia  più dolorosa dell’esperimento stesso – ad esempio: se la prova consiste nel prelievo di sangue è inutile fare anestesia);
  8. che non si utilizzerà lo stesso animale in diversi esperimenti;
  9. che si doterà di personale qualificato;
  10. che le pratiche sperimentali verranno eseguite in strutture idonee;
  11. che sarà sempre garantita la sicurezza degli animali;

Esiste un riferimento normativo principale, il Decreto Legislativo 116 del 1992, che recepisce la Direttiva Comunitaria 86/609/CEE del 1986 (una normativa per essere applicata impiega dai 5 ai 10 anni). Quindi è in vigore  una normativa con una ratio che appartiene alla fine degli anni ‘70, questo per dire che ci sono alcuni buchi ed incongruenze dell’impianto normativo.

Questa Direttiva è stata poi sostituita dalla Direttiva 2010/63/UE. che sarebbe attualmente è in fase di recepimento anche in Italia… tra un paio d’anni verrà applicata.

Un altro elemento che merita la nostra attenzione è che in Italia esiste fin dal ’93 la legge 413che consente di dichiarare l’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale, e questo non vale solo per chi lavora nel settore (quindi per chi è assunto presso pubblica amministrazione e imprese private) ma anche per gli studenti. Qualora ci fossero corsi in cui è necessaria la sperimentazione è possibile porre l’obiezione di coscienza. Chiaramente l’obiezione alla sperimentazione animale non vale per le attività cliniche.

il d. Lgs 116/92 comprende due allegati:

  • Allegato 1: è l’elenco degli animali da esperimento. Tra le specie elencate abbiamo: topo, ratto, coniglio, cavia, quaglia, cane, gatto, primati non umani.
  • Allegato 2: linee di indirizzo per la sistemazione e la tutela degli animali.

Le linee di indirizzo dell’Allegato 2 non hanno un carattere vincolante, tuttavia sono state recentemente adeguate alla realtà dei tempi, sia dalla nuova Direttiva 2010/63/UE che da una precedente raccomandazione da parte del Parlamento Europeo, quindi questo secondo allegato lo possiamo ritenere superato.

Importante è capire la ratio della norma, cioè il perché, e qual è il bene tutelato. Il bene tutelato dovrebbe essere l’animale, la ratio invece è considerare la sperimentazione animale come un fatto eccezionale, non come l’approccio ordinario. La sperimentazione animale è un approccio al quale si arriva solo dopo avere esaurito le altre strade o avere soddisfatto determinate questioni poste dalla norma stessa, quindi si parla di eccezionalità di ricorso ad animali da sperimentazione; praticamente la norma regola la possibilità di deroga alla tutela del benessere animale. Chiaramente sperimentazione e benessere animale sono concetti che cozzano, e che hanno numerosi punti di attrito.

Il concetto base è che tutto l’impianto normativo si basa sul regime di autocontrollo: vuol dire che il sistema di base si fida degli attori, ma comunque la responsabilità giuridica fa capo al ricercatore, che è completamente responsabile dal punto di vista civile, penale ed amministrativo.

La normativa attuale, ricordiamo, pone l’utilizzo di animali da sperimentazione come un evento eccezionale, il che significa che:

  • la sperimentazione si fa solo in determinati ambienti, che devono essere adeguati;
  • bisogna impiegare sempre l’anestesia generale quando si fa la sperimentazione;
  • bisogna usare un basso numero di animali quando si sperimenta, anche ricorrendo alle metodologie erroneamente dette “alternative” (e, in realtà, complementari);
  • se è assolutamente necessario fare un esperimento su animali vivi, oltre ad usarne il numero più basso possibile (bisognerà poi precisare cosa vuol dire “numero più basso possibile”) bisogna ricorrere agli animali con più basso sviluppo neurologico .
  • gli animali non possono essere usati più di una volta per gli esperimenti (nella nuova Direttiva questo punto è particolarmente rilevante, infatti in essa è previsto il riutilizzo, cosa che ha un impatto notevolissimo sulla ricerca);
  • gli animali non possono essere usati a scopo didattico, qualsiasi eccezione è in deroga; anche qui è necessaria l’autorizzazione dal Ministero della Salute;

Si può ricorrere alle deroghe solo in casi di motivata e seria eccezionalità. Per derogare ad una delle regole di base, ad esempio per non praticare l’anestesia, ci vuole un’autorizzazione apposita dal Ministero Della Salute, che prepara un decreto apposito: non è un iter amministrativo breve.

Nel 1959 Russell e Burch hanno definito alla fine degli anni ’50 un principio oggi importantissimo, il principio delle 3R:

  • Replacement
  • Reduction
  • Refinement

Il principio delle 3 R è l’approccio che deve essere adottato quando si parla di sperimentazione animale.

  • Replacement: Innanzitutto si deve cercare di sostituire l’impiego dell’animale con altre procedure ogni qual volta sia possibile; chi propone la ricerca deve sostanzialmente dimostrare che non esistono metodi alternativi di validità pari alla sperimentazione animale. La tendenza della comunità scientifica è quella di promuovere il replacement;
  • Reduction: si deve usare il minore numero di animali possibile, e le istituzioni devono assicurarsi che il numero di animali impiegati sia in continua diminuzione;
  • Refinement: forse è la parte più semplice da realizzare: riduzione dell’incidenza, della severità e della portata delle procedure dolorose e angoscianti sugli animali;

Questo principio è di assoluta attualità.

Cosa si intende per esperimento?

Dall’ambito sperimentale vengono escluse tutte le pratiche cliniche e zootecniche che non sono considerabili sperimentali ma “soltanto” pratiche comuni della zootecnia e della clinica veterinaria, nonché i metodi di abbattimento degli animali per macellazione o per cause di polizia veterinaria. Quindi la definizione di esperimento non c’entra nulla con la quantità di dolore ed angoscia che si procura all’animale. Ci saranno esperimenti non dolorosi, esperimenti mediamente dolorosi o angoscianti, esperimenti molto dolorosi. Quindi sono tutti esperimenti, anche quelli che non causano sofferenza agli animali.

Persino uno studio osservazionale su un animale,  secondo la logica che vi sto illustrando, rientra nell’ambito di sperimentazione animale. Si tratta di un esperimento vero e proprio anche se tecnicamente l’animale non viene nemmeno sfiorato. Non è il dolore che “fa” l’esperimento, ma l’atteggiamento del ricercatore che si pone un’ipotesi sperimentale, ed un metodo con il quale la vuole verificare.

Secondo esempio: se provo la glicemia ad un cane si può considerare esperimento? Sì.

Quali animali si possono usare?

Negli esperimenti si possono usare tutte le specie animali: perché per animale si intende qualsiasi vertebrato vivo non umano.

secondo la normativa:

«animale», non altrimenti specificato: qualsiasi vertebrato vivo non

umano, ivi comprese le forme larvali autonome e/o capaci di riprodursi,

ad esclusione di altre forme fetali o embrionali;

Si possono utilizzare tutti i vertebrati.

Nella nuova direttiva europea, in seguito alle nuove scoperte scientifiche, questa definizione è stata modificata: sono stati inclusi degli invertebrati, es Cefalopodi, perché è stato dimostrato scientificamente che questi animali posseggono un sistema nervoso sviluppatissimo e sono in grado di provare dolore anche in grande misura, a differenza di altre specie.

La norma fa differenze di specie: i cani, i gatti e i primati sono molto tutelati. Per usare un cane, un gatto o una scimmia bisogna chiedere una deroga. La norma risente di un atteggiamento antropocentrico, perché non v’è ragione che un cane sia più tutelato rispetto ad un cavallo o un coniglio.

Non tutte le specie possono essere utilizzate allo  stesso modo: bisogna scegliere la specie animale che rappresenta il modello più valido in funzione di quella specifica ricerca. Chi lo valuta? Il ricercatore dichiarerà che quella specie è più idonea al suo esperimento.

Nell’ambito di più specie animali, bisogna usare quella a più basso sviluppo neurologico. Teniamo conto che la legge è stata fatta in base alla mentalità degli anni ’70. Parlare attualmente di scala di sviluppo neurologico è superato. Dalla fine degli anni ’70 è passato un po’ di tempo e la mentalità e le conoscenze sono cambiate.

Chi può fare sperimentazione animale?

Solo le persone che sono dotate di un determinato titolo di studio su queste materie.

Importante è ricordarci che le figure cardine sono lo sperimentatore ed il medico veterinario: attorno a queste figure gravita la ricerca, perché lo sperimentatore propone e segue la ricerca, mentre il medico veterinario ha un ruolo essenziale ed obbligatorio per legge.

Dove si può fare la sperimentazione?

Solo in locali appositamente autorizzati. Non si può fare ovunque.

Ha un duplice significato regolamentare i luoghi dove si fa ricerca:

  1. quello scientifico: fare in modo che le ricerche si effettuino in luoghi che garantiscono salute e benessere degli animali nonché degli sperimentatori. Tenere inoltre ridotti al minimo tutti i fattori esterni che potrebbero influire o incidere sul risultato della ricerca e inficiarne l’esito. Se avessi interferenze non previste durante il mio esperimento dovrei ripetere la ricerca e aumentare il numero degli animali.
  2. quello amministrativo: se si rende obbligatorio fare la sperimentazione in locali autorizzati il sistema può essere tenuto sotto controllo nel migliore dei modi. Ad esempio in ogni stabulario si deve avere registro di carico e scarico.

Sono ammesse delle ricerche fuori dagli stabulari: le cosiddette prove in campo vengono fatte in stalla quando si parla di animali da reddito. Pensate ad una prova di efficacia di un vaccino sul pollame per esempio, o anche alle prove di alimentazione. Stabulari o stabilimenti utilizzatori sono quelle strutture dove principalmente si deve svolgere la sperimentazione animale. Queste strutture devono rispondere a requisiti igienico-sanitari, gestionali di personale addetto che deve avere competenze comprovate.

Gli animali definiti dall’allegato 1 non possono essere prelevati dall’ambiente ma possono essere usati solo se provengono da allevamento o fornitore. Stabilimento da allevamento: ci sono gli animali destinati alla sperimentazione, Green Hill è l’unico stabilimento da allevamento di cani in Italia. Se verrà fatto chiudere, i laboratori di sperimentazione italiani si limiteranno a comprare i cani dalla Croazia, la ricerca non si fermerà. I cani in sostanza saranno acquistati là dove i controlli sono meno rigidi che in Italia.

È importante sottolineare che in Italia è vietato il ricorso ad animali randagi!!! Non si possono fare prove su animali randagi, a differenza di quello che vogliono far credere alcune campagne animaliste.

Pensate se si potessero fare prove su randagi, ad esempio per verificare l’efficacia di un certo collare antipulci sui cani di un canile. A fronte della possibilità di testare un collare antipulci si offrirebbe a quegli animali un reale beneficio sanitario. Ma questo non si può fare in Italia. Perché in Italia si ritiene erroneamente che i cani del canile verrebbero usati per fare altre prove, quelle propagandate dalla campagna antivivisezionista.

A che condizioni si può usare un animale?

Si può utilizzare un animale soltanto quando per ottenere un risultato ricercato non è possibile usare un altro metodo scientificamente valido, ragionevolmente e praticamente applicabile e che non implichi impiego di animali.

Tutti questi punti non solo devono essere dichiarati, ma devono essere dimostrati, il comitato etico li valuterà scrupolosamente: esso è composto da gente dello stesso livello di preparazione del ricercatore in modo da poter valutare con la massima competenza possibile la richiesta di quest’ultimo.

Esiste il Centro Europeo dei Metodi Alternativi (ECVAM), che ha sede ad Ispra, in provincia di Varese, dove si validano i metodi alternativi. I risultati di questo Centro hanno valenza ufficiale e ad esso si rivolgono i ricercatori per ogni finalità riguardante la sperimentazione sui cosiddetti metodi alternativi.

Queste sono le condizioni per fare la sperimentazione, tutto ciò deve comparire nel modulo che il ricercatore deve compilare ed inviare al Ministero della Salute, ASL, Regione, Prefettura e Comune ed infine inviarne copia al Comitato Etico che esprimerà un parere vincolante ed obbligatorio. L’autocontrollo quindi è solo la prima parte di un iter che in realtà prevede vari e diversi livelli di sorveglianza.

Riassumendo: Il ricercatore deve dichiarare:

  1. che non esistono metodi alternativi per effettuare quella prova;
  2. che deve per forza usare quella specie;
  3. che è la specie a più basso sviluppo neurologico;
  4. che adotterà la metodica che richiede un minore numero di animali;
  5. che utilizzerà la metodica meno dolorosa e angosciante;
  6. che utilizzerà la metodica che offre la maggiore quantità di risultati;
  7. che verrò utilizzata l’anestesia (a meno che non sia incompatibile con l’esperimento stesso, e come già detto in questo caso sarà necessaria una deroga… oppure a meno che non serva anestesia in caso questa sia  più dolorosa dell’esperimento stesso – ad esempio: se la prova consiste nel prelievo di sangue è inutile fare anestesia);
  8. che non si utilizzerà lo stesso animale in diversi esperimenti;
  9. che si doterà di personale qualificato;
  10. che le pratiche sperimentali verranno eseguite in strutture idonee;
  11. che sarà sempre garantita la sicurezza degli animali

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