La disinformazione sulla talidomide colpisce anche i bravi divulgatori scientifici

Ci hanno segnalato un articolo della fisica, giornalista e divulgatrice scientifica Monica Marelli sull’argomento Talidomide.

Spiace davvero che una brava divulgatrice scientifica scriva così tante inesattezze su un argomento tanto delicato.

La cronologia riportata denota forti inesattezze sull’argomento e non corretta informazione, dato che si limita a riportare le solite menzogne riportate dalle associazioni animaliste.

Vediamo quindi per amore di correttezza la corretta cronologia.

Il farmaco viene messo in commercio nel 1957(1). Gli unici test effettuati su animale prima del ritiro (2,3) sono dei test di tossicologia standard per l’epoca. Anche se era sicuramente noto che alcune molecole potessero danneggiare il feto, i test di teratogenesi nell’animale non erano pratica comune (4): giova ricordare che, a tutt’oggi, non esistono test di teratogenesi in vitro, proprio perché lo studio della teratogenesi prevede la presenza di un embrione. La talidomide venne testata in ginecologia, ma mai in gravidanza.

Il congresso a cui Lenz partecipa e grazie al quale a lui viene il sospetto che siano dovute alla talidomide risale all’autunno del 1960 (5). Il primo report scientifico (15 righe) con il sospetto di McBride sull’associazione tra Talidomide e malformazioni risale al DICEMBRE 1961 (6), Il farmaco viene ritirato in Germania nel GENNAIO del 1962.

Il primo report (7) sulle malformazioni nel coniglio è del MARZO 1962 (tre mesi dopo il primo report).

Sarebbe interessante sapere da che fonti scientifiche accreditate sia stata tratta la ricostruzione per la quale “All’arrivo dei primi casi di focomelia, hanno fatto tantissimi test sulle più svariate specie animali, scimmie comprese … I risultati non arrivavano”. Lo chiediamo dato che, come dimostra chiaramente la letteratura riportata in calce, i lavori pubblicati DIMOSTRANO chiaramente che solo dopo 3 mesi dal primo report scientifico su lancet le malformazioni sono state dimostrate in laboratorio. Certo, se uno si abbevera scientificamente dai soliti noti (Greek&Greek, ad esempio, non hanno alcuna attendibilità scientifica, e ci stupisce che un articolo divulgativo citi questa come fonte: chiedere a Greek un’opinione sulla sperimentazione animale è come chiedere a David Irving un’opinione sull’olocausto…), poi è normale che ripeta le solite inesattezze che già sono state smentite varie volte.

La tirata finale dimostra, ancora una volta, che ciascuno si dovrebbe occupare di ciò che conosce e di cui ha competenza. La talidomide è un farmaco che presenta le malformazioni in una piccolissima finestra terapeutica (due settimane su 9 mesi). E anche in quel ridotto periodo di tempo, in caso di assunzione, il rischio di malformazioni è inferiore al 50% (8). Infatti, a fronte di milioni di compresse vendute il numero di casi di malformazioni è nell’ordine delle migliaia (sicuramente troppe, ma la Dr.ssa Marelli converrà con me che la percentuale è minima). Gli studi su animale non si possono permettere di esporre milioni di animali per avere un dato attendibile e per questo motivo si alzano i dosaggi. Lo studio di Somers del 1962 (quello che per primo ha prodotto le malformazioni, solo tre mesi dopo la pubblicazione del report di McBride) è su OTTO conigli in tutto: 4 trattati e quattro controlli, e lo stesso si può dire anche per la maggior parte degli altri animali testati. Se la finestra terapeutica della talidomide, in una gravidanza umana di 9 mesi, è di sole due settimane si arriva presto a capire che in una gravidanza di animale che dura molto di meno possa arrivare a poche ore. Dal punto di vista sperimentale, dato il piccolo numero degli animali impiegati, è normale che per essere sicuri di ottenere le malformazioni il dosaggio debba essere più elevato. Alcune specie probabilmente non reagiscono con le malformazioni perché la talidomide provoca un aborto spontaneo che, dato lo stadio iniziale dello sviluppo embrionale, può essere scambiato per una mancata fecondazione. Anche nell’uomo mancano i dati relativi al numero di aborti spontanei nel primo trimestre, ad esempio. E lo stesso dato relativo al dosaggio minimo necessario nell’uomo è viziato dal fatto che questo è un dato riferito a nove mesi di distanza dall’assunzione e quindi potrebbe essere falsato da un errato ricordo.

Anche la risposta all’ultima domanda è abbastanza facile, per chi conosce l’argomento: “E’ affidabile la sperimentazione animale? Quanti casi talidomide potrebbero ancora accadere?”

La risposta è SÌ. La sperimentazione animale è affidabile, e lo dimostra il numero di epidemie similari alla talidomide che si sono verificate dopo l’introduzione dell’obbligatorietà dei test di teratogenesi nell’animale.

Se la dott.ssa Marelli non lo sa, il numero di questi è ZERO.

Consigliamo alla Dott.ssa Marelli di rivolgersi a consulenti affidabili: sicuramente chi le ha consigliato i lavori di Greek non lo è.

Dott. Dario Padovan
Biologo

Il primo report scientifico sulle malformazioni da Talidomide: Dicembre 1961

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